Dettagli Recensione
La parola come rito
Chiudere la copertina di questo libricino edito da Adelphi, è come serrare la persiana di una finestra dopo aver spiato da dietro le imposte. I racconti sono dieci come i comandamenti a cui fanno riferimento. Ma mai l'idea del sacro è stata più lontana dalle vite di questi personaggi, per la gran parte giovani, tutti irrimediabilmente impantanati in un'esistenza vuota, violata, (de)sacrificata e preda di ritualità assurde.
Il proverbiale "sole di Napoli" non appartiene al microcosmo di Longhi. E in genere la vena descrittiva è scarna, se non assente, soprattutto perché ogni racconto è una vita, rigorosamente narrata in prima persona. E dunque tutto è conficcato nei monologhi, nei dialoghi secchi di un dialetto cantilenante, reso egregiamente, ma che i personaggi svuotano di ogni funzione comunicativa usandolo come fosse l'esecuzione di un rito.
In "Dieci" c'è chi la vita la rimpiange perché ormai è andata, e chi l'ha già bruciata prima di viverla. Un libro duro e leggero a un tempo: un libro napoletano.