Dettagli Recensione
365 racconti sulla fine del mondo – Commento di Br
L’abbiamo scampata?
L’antologia contiene 365 racconti brevi (una pagina per racconto, corrispondente a un giorno dell’anno), selezionati da Writers Magazine e aventi ad oggetto “la fine del mondo”
Un’interpretazione delle profezie Maja individua nel 21 dicembre 2012 il giorno dell’apocalisse. In questa raccolta di racconti, ciascun autore ha interpretato a modo suo l’ansia e la paura che il vaticinio sia veritiero (per connessione di argomento segnalo che Delos, in questi giorni che precedono San Valentino, sta pubblicando “365 storie d’amore”).
La mia valutazione dell’opera considera la vastità degli autori presenti, e l’eterogeneità di contenuti e stili. Vero è che il livello medio, a parer mio, è elevato e l’opera costituisce un’interessante panoramica degli scrittori emergenti. Evviva il pluralismo!
A titolo esemplificativo, pubblico il mio racconto. Io ho inteso la fine del mondo in senso soggettivo e individuale: la fine del mondo coincide con la morte di una persona amata. La storia trae spunto da un fatto realmente accaduto un paio d’anni fa: l’unica differenza tra racconto e realtà sta nel finale, fortunatamente felice nella realtà nonostante il ritardo nel sistema sanitario. Segnalo che i protagonisti sono un padre e il suo figlioletto (e non un uomo e una donna, come tutti hanno interpretato forse per via del mito di Orfeo ed Euridice). I capoversi pari (il secondo, il quarto …) sono da intendersi scritti in corsivo.
28 dicembre: “Sei tu il mio mondo” di Bruno Elpis
Camminiamo sul sentiero in fila indiana. Tu davanti a me. Il sole di luglio arroventa la campagna oppressa dal concerto delle cicale. Hai aspettato tanto questo giorno. Ti sto conducendo al maneggio.
L’aria invasa di idrogeno. Le nubi, lontano, intrecciate e sconvolte. Un rumore-scintilla trafigge la mente. La squarcia. Un futuro confuso, fluorescente, radioattivo. Animato da impulsi frequenti. I cerchi dell’acqua bollente. Le polle, gli umori, le eco falsate dall’aria pesante.
Emetti un grido di dolore. Io la vedo nascondersi nell’erba alta. Fulminea, è una saetta di scaglie. Un attimo prima ti ha azzannato il polpaccio.
Soffochiamo. Intossicati e frastornati da un tuono assordante. Una luce innaturale e violenta, un barbaglio, un lampo pulsatile. L’orizzonte argentato, vivo, accecante.
La tua gamba si gonfia a vista d’occhio. Cerco di non lasciarmi sopraffare dal panico e mentalmente riordino alcuni rudimenti. Incidere. Stringere un laccio sopra la ferita blu. Raggiungere il pronto soccorso.
Un ombrello di gas si innalza, si espande, avvolge e oscura. Ci perde. I monti di sale, le dune, la sabbia, il deserto che avanza. Miraggi del sole affondato nel mare. Un fiore velenoso spunta dal suolo di ghiaccio.
Ti carico sulle spalle. Sento che mi stai abbandonando. Il tuo sguardo è vitreo. Quando raggiungiamo la carrozzabile sono sfinito. La disperazione mi concede ancora poche forze: sono in mezzo alla strada, fermo un’auto.
Un profumo selvaggio e lo strappo più scuro del cielo annerito. La pelle si sfalda, seccata dal caldo improvviso.
All’ospedale non hanno il siero. Ovviamente faccio il diavolo a quattro, ma … Siamo sui giornali. L’ennesimo caso di malasanità. Non ce l’hai fatta, ti ho visto spirare. Per la statistica sei uno dei casi non sopravvissuti al veleno di un rettile. Per me sei l’universo. Il mio mondo che finisce.
Le stille di neve, le brine intricate, le nebbie pesanti, lontano, nel fumo. Dopo lo scoppio accecante, le fasi progressive della glaciazione.
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