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Quaderno di un tempo felice
 
Quaderno di un tempo felice 2012-09-05 06:17:15 Renzo Montagnoli
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    05 Settembre, 2012
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I primi scritti

Piero Chiara raggiunse il successo letterario quando era prossimo alla cinquantina (è del 1962 Il piatto piange, il suo primo romanzo di grande notorietà); quindi, un po’ tardi si direbbe per uno scrittore del suo livello, e pensare che aveva esordito nel 1945 con una silloge poetica, Incantavi, tutta soffusa di sentimenti malinconici, in una sorta di tempo sospeso, meglio ancora trasognato.
Fra queste due date (1945 e 1962) l’autore luinese aveva tuttavia ultimato una vasta e varia produzione, pubblicata poi su diversi giornali svizzeri, fra i quali “Il giornale del Popolo”, di Lugano e, soprattutto, “Ore in famiglia”, un periodico ticinese di carattere popolare e di ispirazione cattolica.
Questi scritti, non tutti in verità, sono poi stati riuniti in questo volume “Quaderno di un tempo felice” e costituiscono un’indispensabile mezzo per poter conoscere veramente Piero Chiara. Ci sono racconti, reportage di viaggio, alcune critiche letterarie, tre riassunti di romanzi famosi, nonché, a riprova dei molteplici interessi dell’autore, perfino un trattato ornitologico intitolato Dodici descrizioni di uccelli silvani.
Preciso che, per quanto concerne le critiche letterarie, peraltro limitate a Vittore Frigerio e a Miguel Hernandez, le stesse appaiono approssimative, non incisive, roboanti di elogi senza che vi sia a fronte la motivazione, insomma sotto questo aspetto Chiara dimostra una scarsa attitudine, tanto che le si potrebbero definire buone solo per lettori poco attenti e comunque poco interessati alla letteratura.
Il trattato ornitologico, invece, si legge con piacere, ravvisando quel tono spesso scanzonato, a metà fra l’ironia e la satira, proprio dell’autore.
Riusciti e molto belli sono i riassunti di Benito Cereno e di Billy Budd, entrambi di Herman Melville; e di La linea d’ombra, di Joseph Conrad; in tutti è di palcoscenico il mare e Chiara sembra avvinto dalla sua arcana forza e bellezza, riuscendo a coinvolgere e, pur nella inevitabile sintesi, a rendere benissimo l’atmosfera, spesso spettrale, dei testi originari.
I racconti sono di sicuro interesse anche perché sono autobiografici e in essi il protagonista è sempre lui, l’autore, con i ricordi dell’infanzia e le bellissime descrizioni di Luino. Fra tutti il mio preferito è Il povero Bram, la storia di un panificatore, tutto casa e lavoro, di animo mite e gentile, anche quando la sfortuna lo colpisce e perfino in prossimità di una morte prematura.
I personaggi sono quelli di tutti i giorni, non di elevato lignaggio, anzi spesso poveri e destinati a soccombere. In queste prose non troviamo la licenziosità dei suoi più famosi romanzi, ma sono pervase da quella sottile ironia che ben riesce ad addolcire la malinconia delle vicende, anche perché si tratta della sua infanzia, un’epoca a cui si ripensa quando si è avanti con gli anni e che ci sembra sempre luccicante, come il più puro degli ori, un tempo che non possiamo che considerare felice.
I reportage di viaggi sono, a mio parere, la parte migliore di questo libro, perché Chiara, non solo con la descrizione, ma anche con la capacità di ricreare le atmosfere, ci offre una visione di luoghi ben oltre le nostre aspettative.
E così con Recanati si rivive l’epoca di Leopardi e con Lucca lo spirito di una città antica che è frastornata dalla modernità; la Sardegna è vista come un mondo arcaico, aspro e dolce al tempo stesso.
Il meglio, però, è costituito dai resoconti dei viaggi in Spagna. Sarà perché le città di cui scrive (Cadice, Siviglia, Ronda, Cordova e Granada) sono da me ben conosciute, ma resta il fatto che è riuscito a cogliere le loro caratteristiche più esaltanti e lo spirito dei suoi cittadini (al riguardo è veramente stupenda la descrizione del tramonto visto a Granada da l’Alhambra, così come l’atteggiamento della gente durante la corrida). E a proposito di corrida è un’autentica chicca la sua Piccola Guida; lungi dall’approvare questo spettacolo credo che Chiara abbia saputo cogliere con talento e ironia il significato della tauromachia, i suoi fasti, i suoi eroi, le sue vittime, quell’appuntamento con la morte e con la vita che si misura ogni pomeriggio in un’arena sabbiosa.
Da leggere.

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I romanzi di Piero Chiara
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