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Il sottile male di vivere
Nell’ambito della narrativa il racconto in Italia è un po’ negletto, nel senso che soprattutto nell’ultimo mezzo secolo, ha avuto ben poca fortuna, fatta eccezione per alcuni autori, di indubbio elevato spessore, quali Leonardo Sciascia e Mario Rigoni Stern. Al riguardo vi è da dire che non è facile scrivere in breve opere di senso compiuto, cioè che svolgano un concetto e una trama con un inizio e una fine, come un vero e proprio romanzo limitato a un numero notevolmente inferiore di pagine. Mi è capitato infatti, anche recentemente, di leggere raccolte di racconti di modesta qualità, fatta eccezione per alcuni di genere fantastico. Così, quando ho avuto per le mani questo libro, mi sono predisposto quasi naturalmente a una lettura insoddisfacente per qualità e gradevolezza, e invece, per fortuna, mi ero sbagliato. Non che Connessioni interrotte sia un capolavoro, ma è un’opera riuscita, piacevole e scritta come si deve, insomma, nella sua rappresentazione della realtà attuale, riesce benissimo a fornire un quadro interessante e coinvolgente.
Sono otto racconti, alcuni di genere noir, che vanno dalla seduta psicoanalitica alla fine di un rapporto coniugale, dalla proprietà in comune di un’auto sportiva a un omicidio per gelosia con una conclusione del tutto inaspettata, anche se logica.
Ivaldi ha buona mano, non scrive nulla di più di quanto è necessario, riesce a mantenere il ritmo e, soprattutto, fa sì che le sue storie abbiano un senso compiuto nel quadro generale di una rappresentazione dell’attuale società che testimonia di un profondo disagio di vivere, di un’esistenza trascinata senza un senso che sia autenticamente appagante.
Soprattutto, però, si avverte la capacità di dare autonomia a personaggi non stereotipati, senza che sia presente in modo marcato la figura dell’autore, come in un teatro dei pupi in cui gli attori si muovono senza che si riescano a scorgere i fili che li tengono avvinti al burattinaio. E questo è un altro dei pregi di quest’opera, che non vuol essere né didascalica, né moralizzatrice, limitandosi solo a raffigurare situazioni e fatti abbastanza frequenti nella nostra società e lasciando al lettore, così stimolato, il compito di riflettere, trarre conclusioni, guardarsi intorno e poi dentro.
Da leggere, perché merita.