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Cristo, pietà
“Venezia, 9 e 10 novembre 1561.
Mi ero assopito. Ero sprofondato in quel sonno torbido, malato, che i prigionieri conoscono bene: somiglia a una tenda bucata, che lascia filtrare qualche lampo di luce e arruffati frammenti di discorsi.”
Ambientato nell’Anno Domini 1561 in una Venezia ancor più crepuscolare, fra giorni di luce accecante e tempeste notturne, quasi a dimostrare l’ira di Dio per la totale assenza di pietà negli uomini, Christe eleison è un racconto di straordinaria bellezza che conferma ancora una volta lo straordinario talento della sua autrice Fiorella Borin.
E’ una narrazione che prende spunto da un fatto realmente accaduto e precisamente l’esecuzione, avvenuta il 10 novembre 1561 in piazza San Marco, di padre G. Pietro Leon da Valcamonica, giudicato colpevole di aver intrattenuto relazioni sessuali con una ventina di monache e di averne affogato i figli neonati. Fu un rito particolarmente atroce, poiché non bastarono trenate colpi di maglio infertigli dal boia sul collo e così fu necessario togliergli la vita sgozzandolo con un pugnale.
Su questo crudele fatto poi la Borin elabora una storia di fantasia che va oltre quella data e che è uno straordinario invito agli uomini a riflettere, affinché in loro ritorni quella straordinaria virtù che è la pietà.
La scrittura, come al solito, è particolarmente avvincente, coinvolge piano piano fino a rendere il lettore presente ai fatti, un’ombra impotente di fronte al quale scorrono le miserie umane, i fallimenti del pensiero e dell’insegnamento cristiano, ridotti ad accessori di una liturgia che trova, soprattutto, nella morte, la più dolorosa possibile, un senso di onnipotenza da un lato e di disperazione dall’altro.
Così, pur riconoscendo la colpevolezza dell’imputato, nulla giustifica la sua orrenda fine, voluta non dal caso, ma architettata con sottile perfidia dal procuratore di San Marco, che poi finirà con il pagare, e a caro prezzo, questa sua scelleratezza.
In un mondo in cui il popolo gioisce nell’assistere alle esecuzioni con cui il potere rivendica la sua onnipotenza, emergono tuttavia due figure, una monaca e un piccolo orfano, che riscattano l’umanità e lasciano un raggio di sole di speranza in un finale in crescendo e che tocca vertici sublimi.
Il racconto si è aggiudicato il premio Tabula Fati 2009 e penso proprio con ampio e sicuro merito.
Da leggere, senza ombra di dubbio.