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Il patriarcato del monoteismo
“Dio, Allah, Buddha. Comunque lo si chiami, è in suo nome che gli uomini scatenano il loro odio contro le donne. La Bibbia, la Torah o il Corano sono gli strumenti di questa aggressione, spesso utilizzati a sproposito. E quando non bastano le Sacre Scritture vengono in soccorso i santi per chi li venera, i miracoli per chi ci crede, gli hadith del Profeta (veri e falsi), i dogmi. Le religioni costituiscono l’alibi per il patriarcato. (…) Non si può essere tolleranti con le religioni; altrimenti, proprio qui in Europa, un giorno ci troveremo sedute in fondo all’autobus, come succede non solo in Iran ma anche in Israele, isolate su spiagge riservate a sole donne – in Italia sono già state avanzate richieste del genere (…)”
Questa è una parte della prefazione al libro di Giuliana Sgrena, giornalista sequestrata a Baghdad da un gruppo di jihadisti, mentre stava lavorando ad un servizio per il quotidiano “Il manifesto”. Come l’autrice tiene a sottolineare, il libro non è né un pamphlet né un’opera di esegesi, ma una ricerca personale condotta con rigore sulle fonti delle tre religioni principali: cristianesimo, ebraismo e islam. La lettura è stata coinvolgente e mi ha arricchito dal punto di vista culturale, mi ha offerto numerosissimi stimoli di riflessione e di approfondimento per le tematiche sulla disparità di genere, che quest’anno ho approfondito con grande attenzione ed interesse.
L’opera è suddivisa in dieci capitoli, di cui alcuni abbastanza corposi, ma che si leggono con fluidità e piacere. Nei primi capitoli la scrittrice riporta alcuni episodi cruciali della sua infanzia e anche qualche altro della sua prigionia irachena: le suore bigotte e severe che la additavano come la figlia del diavolo, perché il padre era comunista, il silenzio della donna velata che, nella cella, le procurava qualche assorbente di fortuna quando aveva il ciclo ed era, perciò, inavvicinabile.
Il sangue mestruale! quale sporcizia e immondizia! E il sangue del parto? Secondo alcuni padri della chiesa Gesù stesso è stato partorito mentre “il seno della vergine rimaneva chiuso”, in questo modo era nato senza sporcarsi del sangue di donna. A proposito di “donna”: la stessa madre di Gesù viene chiamata da lui “donna”, raramente madre. La scrittrice tratta anche degli argomenti un pò crudi, come ad esempio le varie tecniche per l’infibulazione, cioè una vera e propria mutilazione dei genitali femminili al fine di controllare la sessualità della donna sin dalla tenera età. Quella parte ha suscitato in me orrore e tanta rabbia: come si può accettare, anche da parte delle stesse donne, una pratica così, non solo umiliante, ma anche pericolosa per la salute stessa!?
Ma i muri culturali sono talvolta invalicabili e difficili da abbattere, soprattutto quando non c’è, da parte della vittima, qualsiasi tentativo di ribellione. Perché le donne sono fatte per starsene zitte: dare la parola ad una donna è darle quasi l’autorizzazione a spogliarsi, a esporsi nuda. Questa misoginia di fondo delle religioni monoteiste, baluardo da millenni del patriarcato ha gettato le basi alla discriminazione di genere: dalla relegazione ai ruoli tradizionali, alla caccia alle streghe, dai veli che coprono solo i capelli a quelli integrali, dall’inattendibilità della testimonianza di una donna alla mortificazione della femminilità. Versetti biblici e sure coraniche, tutti schierati contro la donna. Una misoginia che si perde nella notte dei tempi, eppure prima dell’avvento dell’impostura delle religioni monoteiste, - fa notare la Sgrena- la società era matriarcale e si basava sul culto della Dea Madre e degli attributi fisici femminili della fertilità dell’abbondanza.
“Dio odia le donne”: il dio degli ebrei e dei cristiani, il dio degli islamici ha contribuito a seminare quella disparità di genere che ancora oggi stiamo tentando di sradicare dal mondo. E non basta essere laici!
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