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La violenza in politica
Il saggio storico di Francesco Benigno, professore di Storia moderna alla Scuola Normale Superiore di Pisa, si propone in primo luogo di ricondurre un fenomeno altamente complesso, come il terrorismo, alla sua dimensione storica. Secondo l'autore infatti la produzione scientifica su questo scottante tema si è dedicata a lungo alla ricerca di una formula definitoria del fenomeno, che fosse capace di spiegarlo in maniera univoca. La storia invece è stata troppo spesso messa da parte negli studi sul terrorismo. La storia infatti non si presta a dare risposte predeterminate, la storia registra la molteplicità e la variabilità delle esperienze del passato e ci sbatte in faccia che non tutti i fenomeni sono circoscrivibili ed inquadrabili nell'osservazione da un solo punto di vista.
Prendiamo il terrorismo, appunto. Non a caso Benigno sottotitola il suo lavoro “Saggio storico sulla violenza politica”, perché è proprio della violenza usata in politica che stiamo parlando. Non ha senso distinguere il mondo in persone buone e terroristi, non ha senso presentare il terrorista come il male incarnato in una persona: non ha senso, perché, semplicemente, non ci aiuta a capire. L'autore invece ci invita a ripartire dalla storia per iniziare a capire: precisamente il saggio inizia con la Rivoluzione francese, il periodo storico in cui per la prima volta è stato usato il termine “terrorista” in senso dispregiativo, da quando cioè ha iniziato ad essere considerato un'accusa infamante. Il libro analizza quindi due secoli e mezzo di storia di violenza politica: partendo da Robespierre si parla di Mazzini, dei populisti russi, degli anarchici, del rapporto tra terrorismo e bolscevichi, della guerra totale nel cuore del Novecento, della decolonizzazione in Algeria, degli “anni di piombo” in Europa e in America Latina, fino ad arrivare agli attentati dell'11 settembre e al terrorismo islamico.
Benigno quindi studia e ci ricorda la storia della violenza usata in politica: infatti lo stesso termine “terrorista”, per alcuni è il male assoluto, per altri è invece un combattente per la libertà. Il terrorismo nasce dall'idea che la violenza possa avere una forza rigeneratrice, che dalla violenza possa venir fuori una società nuova e migliore. Qualunque causa che abbia utilizzato la violenza per raggiungere il suo scopo allora può essere definita terrorista. Anche gli Stati nel corso della storia non hanno esitato ad usare la violenza contro persone innocenti, pensiamo a Dresda, a Hiroshima, alla guerra totale innescata dalla Prima guerra mondiale: possiamo ancora affermare che il coinvolgimento della popolazione civile è una specificità del terrorismo? Pensiamo anche a momenti storici e personaggi avvolti da un'aura di eroismo e fascino come ad esempio Ernesto Che Guevara: siamo certi che non abbiano mai usato violenza contro degli innocenti? Inoltre, come non considerare, accanto al terrorismo, il controterrorismo: i due elementi, pur avendo obiettivi e protagonisti coinvolti opposti, in numerose occasioni si sono trovati ad utilizzare le stesse tecniche e gli stessi metodi.
In conclusione quindi, un saggio davvero molto interessante, che vuole riportare il lettore alla dimensione storica del fenomeno. La prospettiva tipicamente storica infatti studia la molteplicità e la variabilità degli eventi e dei processi così come si sono svolti nella realtà sottolineando quindi quanto un fenomeno come il terrorismo sia contraddittorio e non facilmente ascrivibile ad un'unica verità. Un solo appunto che mi sento di fare è che il libro è stato scritto in un modo che non è propriamente appetibile per un lettore medio. Ci sono molti altri saggi storici scientificamente ineccepibili ed altrettanto interessanti che hanno però anche il pregio di farsi leggere con piacere. Questo, purtroppo, non ha tale pregio, anche se il contenuto è trattato in modo veramente molto approfondito.
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