Dettagli Recensione
Dallo Space Invaders alla rivoluzione digitale
«[…] In vent’anni la rivoluzione è andata ad annidarsi nella normalità – nei gesti semplici, nella vita quotidiana, nella nostra gestione di desideri e paure. A quel livello di penetrazione, negarne l’esistenza è da idioti ma anche presentarla come una metamorfosi imposta dall’alto e dalle forze del male inizia a diventare piuttosto arduo. Di fatto, ci rendiamo conto che nelle consuetudini più elementari del nostro vivere quotidiano ci muoviamo con mosse fisiche e mentali che solo vent’anni fa avremmo a mala pena accettato in nuove generazioni di cui non capivamo il senso e denunciavamo il degrado. Cosa è successo? Siamo stati conquistati? Qualcuno ci ha imposto un modello di vita che non ci appartiene?» p. 14
Username. Password. Play. Maps. Level Up. Rivoluzione. La rivoluzione digitale. Com’è nata? Perché è nata? Cosa l’ha determinata? Ne siamo stati sopraffatti? Oppure semplicemente ci siamo trovati coinvolti in un vortice di nessi causali e concause che ci hanno assorbito senza che nemmeno ce ne rendessimo conto? Se guardiamo al passato, un passato poi nemmeno così lontano, fatichiamo ad immaginare le nostre giornate, fatichiamo a ricordare quel che eravamo, chi eravamo. Una vita senza app, senza social, senza foto, senza selfie, senza pc oppure con pc destinati esclusivamente all’uso lavorativo, una vita, cioè fatta di altro, di altre priorità. -“Ma davvero abbiamo vissuto così per decenni, per secoli?”- viene quasi spontaneo chiedersi. Sembra impossibile, eppure è così. Space invaders, i primi Commodore 64, i primi mac, windows 95 e la sua destabilizzante impostazione, internet e il word wide web (che badate bene, sono due cose ben diverse), gli mp3, i jpeg, gli mpeg, Mosaic, Cadabra, che non ci dice nulla all’apparenza, ma in realtà altro non è che la prima forma rudimentale del più noto Amazon ed ancora google, yahoo! – che hanno dato inizio alla sagra dei nomi scemi – ed ancora gli smartphone, la mela della apple, facebook, twitter, instagram, youtube, a wikipedia che “tutto” spiega, e ancora e ancora fino ad arrivare alle Alpha Go: la rivoluzione digitale. Una rivoluzione che nasce in tre gesti lunghi che tracciano un nuovo campo da gioco. E più precisamente, un primo che vede la luce con la digitalizzazione dei testi, dei suoi e delle immagini riducendo allo stato liquido il tessuto del mondo, un secondo che vede la realizzazione dei personal computer che non hanno più dimensioni gigantesche e/o funzioni prettamente militari perché ciascuno può avere la propria “scrivania” con il proprio “topo” in movimento per gestire i “cassetti” che, nella terza fase, sono tutti messi in comunicazione affinché ciascuno possa accedere a un cassetto dopo l’altro senza limiti, al cassetto dell’altro, senza remore, senza difficoltà. Una rivoluzione che ha portato alla spersonalizzazione e alla frammentazione, ma anche alla perdita di valori e alla perdita di confronto con il reale. Perché filtri e elementi digitali si mettono in conflitto con quella che sarebbe l’esistenza quotidiana creando e dando vita ad un mondo dove vincere è facile perché non c’è confronto. Il risultato è quello della creazione di individui inadatti alla lotta, incapaci di reagire alle difficoltà, nonché individui che fanno della superficialità i nuovi valori e dei vecchi un qualcosa di obsoleto, deprecabile, inutile. Quasi se ne fossero scordati. E siamo parte del “game”, un luogo che è strategia, un luogo in cui la strategia ha funzionato, un luogo a cui ci siamo talmente abituati che pensare a un risultato diverso da quello raggiunto ci fa storcere il naso, il luogo del tutto e subito e del non guadagnato perché ci spetta “di diritto”.
Con “The game” Alessandro Baricco ricostruisce la spina dorsale di questa rivoluzione digitale che ci ha coinvolto e che ci sta coinvolgendo. Il suo è un percorso che va per tappe, per “epoche”. Ci prende per mano, il narratore, ci ricorda degli anni del calciobalilla, dei flipper e dei rudimentali videogiochi in quella che era la dimensione analogica e ci conduce a quella che è l’era digitale dove l’icona dell’uomo-spada-cavallo viene sostituita dall’icona dell’uomo-tastiera-schermo. Questa è la prospettiva attuale di quel sisma rivoluzionario che è riuscito a mutare interamente la postura di noi umani partendo dalla dimensione più intima: la mente. Perché è in questa che la rivoluzione è stata innescata e che tutt’ora è in una corsa costante senza freni e tempo. E non è stato un processo imposto, bensì un qualcosa che abbiamo scelto, accettato poco alla volta, senza quasi rendercene conto tanto da sfuggirci quasi di mano. Una rivoluzione che probabilmente nemmeno i pionieri della stessa avevano così pensato. Probabilmente alla base vi era l’idea del progresso, di evitare che nuovamente le tragedie del Novecento potessero ripresentarsi, eppure l’esito è stato ben oltre quello aspettato e/o, appunto, preventivato. Non esistono più confini, barriere, politiche intellettuali, caste, élite. O almeno non esistono più in quelle che ne erano le vesti originali, abiti facilmente riconoscibili e per questo da cui era plausibile e possibile mettersi in guardia. L’uomo analogico con le sue verità diventa così sfocato, instabile, mobile e non più immobile. Distinguere tra verità e menzogna diventa estremamente complesso. Tutto si riduce a un “game” in cui ci sono partite da vincere. Finiamo con l’essere bombardati dallo stesso gioco, dallo stesso sistema. Fatichiamo a distinguere le notizie false dalle vere, siamo oggetto di pubblicità e propagande continue, finiamo con l’essere strumentalizzati dai nuovi poteri, ci perdiamo con problemi e questioni a cui precedentemente mai avremmo dato lo stesso peso, fino a renderci assuefatti al meccanismo che distrugge le nostre cellule celebrali riducendoci ad organismi plasmabili ad immagine e somiglianza dei potenti di turno. Perché la politica stessa ha sfruttato questo meccanismo e senza difficoltà continua a sbatterci la nostra stessa cecità sotto al naso. Il tutto volontariamente. Perché siamo noi i primi a volere questo, siamo noi i primi a non ribellarci a questo. In parte perché non ci rendiamo conto del pericolo, in parte perché abbiamo perso lo stimolo e/o la voglia di combattere con qualsiasi arma che sia diversa da un click su uno schermo o su un social. Si afferma così l’individualismo di massa che si sostituisce all’individualismo dell’io, si affermano le nuove élite, il tutto assume nuove forme e si afferma una vera e propria seconda guerra di resistenza di pochi.
Questo e molto altro è “The game”. Un saggio di grande intensità che ricostruisce gli ultimi 50 anni di storia umana evidenziando i pro e i contro dell’innovazione tecnologica, senza la pretesa di trovare risposte alle domande, senza obbligare alcuno a conformarsi o meno alla tesi proposta, eppure obbligando il lettore a confrontarvisi. Sta di fatto che il testo è ricco di spunti di riflessione, è devastante nella sua analisi e ricostruzione, è intelligente nella sua analisi e ricostruzione. Non risparmia niente. Nulla è esente dalla ricostruzione. Dalla politica, alle contraddizioni umane, alla volontà del singolo, al populismo diffuso, alla facilità con cui vengono scelte le strade più semplici a discapito delle più ardue, al modo in cui uno strumento dell’evoluzione e del sapere è fuggito dal controllo del suo stesso ideatore. Si può amare, si può odiare, ma non si può negare. Baricco riesce in un’impresa senza eguali e dona al conoscitore un elaborato stratificato che non delude le aspettative.
Indicazioni utili
Commenti
8 risultati - visualizzati 1 - 8 |
Ordina
|
ps. scusa il ritardo nella risposta ma è stata letteralmente una settimana di sconvolgimenti.
8 risultati - visualizzati 1 - 8 |
Tutto molto inquietante... Non so ancora cosa siano gli mpeg e Alpha Go! :D