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la mafia/ le mafie nel mondo
Federico Varese è professore di criminologia all’Università di Oxford. Pubblica Vita di mafia, che ha un sottotitolo prodromo al saggio stesso: Amore, morte e denaro nel cuore del crimine organizzato. L’autore ci accompagna tra boss russi, triadi cinesi, yakuza, scovando similitudini e differenze attraverso aneddoti, ritratti documentati e incontri sul campo.
Infatti si occupa di:
“M come mafia. Dalla Russia alla Cina, dalla Grecia a Dubai. Un reportage affascinante e rigoroso che entra nel cuore pulsante delle mafie globali, scritto da un criminologo col talento del narratore.”
Nello specifico Vita di mafia Federico Varese compie un’analisi policentrica e multifunzionale su Cosa Nostra, mafia russa, Triade e Yazuka. Una comparazione affascinante in cui l’uso dell’io narrativo non è quello del romanzo ma quello del ricercatore che conduce la sua analisi compenetrandosi in fatti e persone. L’autore ricostruisce lo stile di vita tipico di un mafioso, dall’affiliazione alla successione post mortem, passando per voci come denaro, amore, politica. E lo fa attraverso una miniera di storie, personaggi, aneddoti. Raccontando tanti mafiosi diversi- italiani, italoamericani, russi, giapponesi, cinesi- lo studioso fa comprendere che la “mafiosità”ha alcune caratteristiche unificante che prescindono da latitudini e tradizioni. Conferma, inoltre, che la nascita e lo sviluppo delle mafie ha poco a che fare con presunte attitudini “culturali” di determinate popolazioni, e molto con le condizioni materiali che si verificano in particolari epoche storiche. Per esempio, la costellazione criminale che forma la cosiddetta mafia russa nasce nell’800, viene quasi spazzata via in epoca sovietica, ma risorge più forte quando il collasso del sistema capitalista spiana la via al capitalismo selvaggio, senza che lo Stato abbia strutture abbastanza solide per regolarne le controversie. Così la parola passa ai Kalashnikov.
Scritto con una prosa che invita ad entrare e osservare luoghi, ad ascoltare dialoghi, a vedere immagini e a riflettere su scenari in una prospettiva scientifica che si piega alla performance del racconto criminologico, senza snaturale l’obiettivo di trasferimento della conoscenza. L’autore compie un viaggio metafisico e fisico che porta gli studiosi ad un punto di non ritorno: non si può effettuare una comparazione tra mafie e sistemi criminali senza averne esperienza diretta e conoscenza dei contesti. In caso contrario si rischia di essere dei “fake researcher” da schermo piatto. Il tutto spiegato con una semplicità disarmante che rende il testo accessibile ad una vasta gamma di lettori, poiché non è un saggio accademico.