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Il volto del potere
Credo che sia opportuna una premessa, onde evitare di cadere in un facile equivoco: l’autore, Gianluca Ferrara, non è un vetero comunista, tanto più che è un senatore fresco di nomina facente parte del movimento 5 stelle; dunque se il titolo può sembrare roboante, tipico di una certa sinistra estremista di diversi anni fa, e l’argomento trattato è scottante, non c’è nulla di strano, non c’è nessun partito preso, perché Ferrara ha scritto numerose opere di rottura con cui ha messo in luce insanabili contrasti di tante istituzioni, da quelle finanziarie a quelle religiose, in ciò perfettamente in linea con le finalità di Dissensi, la casa editrice di cui è il principale esponente e che è nota per pubblicare libri che affrontano in modo serio e organico temi non facili, o addirittura tabù.
Inoltre, credo anche necessario evidenziare che io sono quasi sempre delle stesse opinioni dell’autore; per quanto concerne il saggio in argomento, pur condividendolo in toto nei suoi contenuti, ritengo opportuno fare tuttavia una considerazione: è nell’animo umano la prevaricazione e uno stato, per diventare una potenza, quasi sempre lascia dietro di sé una scia di cadaveri, morti, anche figurate, che continuano per il mantenimento del potere raggiunto, e se un tempo era l’impero romano, oggi c’è quello americano, in futuro, forse, quello cinese, ma nulla cambia nei metodi, se non gli affinamenti dovuti all’esperienza.
Il libro ha una bella introduzione di Ferdinando Imposimato, scomparso agli inizi del corrente anno, e che in poco, cioè in termini succinti, e pur in modo esauriente, dice tutto di questo saggio, ovviamente in quelle che sono le linee generali e che partono dal sanguinoso inizio degli Stati Uniti per arrivare ai giorni nostri, lasciando questo lasso di tempo costellato da innumerevoli tragici eventi, quali guerre, cospirazioni, il tutto in nome della democrazia, parola che non è nemmeno citata nella costituzione americana. Per ironia della sorte il termine Impero del male fu coniato da Ronald Reagan per definire l’Unione Sovietica, che non era certamente il regno del bene, ma che non era al livello di cinismo degli USA che alla stessa epoca finanziavano in Nicaragua i Contras, famosi terroristi, e in Afganistan i radicali islamici. Fu comunque al termine della seconda guerra mondiale che la vocazione di stato egemone contagiò gli Stati Uniti, tanto che da allora sono intervenuti in una settantina di paesi, condizionandone pesantemente la politica nazionale, come, tanto per citare un caso, il colpo di stato di Pinochet con cui fu rovesciato il legittimo governo di Allende in Cile, ma ce ne sono molti altri, altrettanto eclatanti. Fra l’altro, se per l’espansionismo sovietico si può dire che alla base ci fosse un’ideologia, cioè un’interpretazione sbagliata del marxismo, nel caso americano c’è indubbiamente un fondamento di carattere economico che sta dilagando (il neoliberismo), ma non è estranea a certi comportamenti anche una concezione religiosa calvinista secondo la quale la ricchezza di alcuni è un segno della volontà di Dio; da qui l’assenza, o comunque la limitatezza di uno stato sociale, e il continuo aumento della miseria nel paese, perché è bene precisare che gli americani non sono tutti ricchi, come l’abile propaganda ci ha induce a credere. Con due soli partiti e una élite economico-finanziaria in grado di sconvolgere il mercato non solo nazionale, è evidente che la democrazia piena non esiste e che è una chimera. Secondo i principi neoliberisti un paese “deve” accrescere la propria ricchezza, altrimenti muore (il motivo di questa necessità è in realtà un altro, nel senso che tutta l’economia poggia su una illimitata fiducia dei consumatori, stimolati continuamente ad acquistare; se cade la fiducia, perché per esempio le banche non sono più in grado di erogare ai privati i prestiti necessari per consumare, l’impalcatura crolla); per questo motivo, anche per impedire l’inevitabile caduta della notevole produzione bellica una volta finito il secondo conflitto mondiale, è stato scelto di alimentare nuove guerre esterne, in modo da evitare una consistente riduzione degli ordini alle industrie degli armamenti. Ovviamente sono continue le pressioni affinché i paesi amici, ma è meglio dire sottomessi, acquistino frequentemente nuovi strumenti bellici, magari coinvolgendoli nelle cosiddette missioni di pace volte, ufficialmente, a portare la democrazia dove non c’è, ma dove sono comunque presenti rilevanti interessi economici o geo-politici. Quindi, se pur Abramo Lincoln abolì la schiavitù, gli americani ne hanno imposto un’altra agli europei e comunque a tutti i paesi del globo: o essere in diverse misure asserviti, o diventare teatri di guerre.
E’ un ritratto impietoso quello di Ferrara che magari può anche trovare il lettore non in sintonia, ma è innegabile che correlati tutti gli eventi citati dall’autore, peraltro documentati, la conclusione a cui si arriva è che gli Stati Uniti si comportano come padroni assoluti, quindi dimostrando che la democrazia, più volte dagli stessi osannata, è una vuota parola.
Agli scettici, che non sono pochi, perché siamo cresciuti a pane e America, dico solo che ognuno fa sempre i propri interessi, anche quando dice di fare quelli degli altri; lo stato egemone non è una novità, la novità è che in passato si conquistava solo militarmente, oggi si conquista anche psicologicamente, si indottrina senza che ce ne accorgiamo e quindi siamo in fondo schiavi senza saperlo.
Leggete questo libro, per acquisire un po’ di consapevolezza, per comprendere che il percorso dell’uomo verso un’autentica libertà e una completa democrazia è ancora lungo e ben lontano dall’essere compiuto.