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Un pugno allo stomaco
Ha la durezza e la dolorosità di un pugno allo stomaco questo libro di Saviano, poiché ci pone di fronte ad una realtà sociale che si vorrebbe negare, considerandola un incubo, una fantasia da romanziere, ma che le cronache della criminalità campana ci obbligano a riconoscere come vera.
La forma del romanzo, che consente di mettere a fuoco la personalità di tutti i ragazzini che compongono la “paranza”, l’annullamento in loro di ogni valore positivo, la distorsione nei modelli di vita cui fanno riferimento, l’assenza di anticorpi adeguati a contrastarne la devianza sociale, aggiunge tensione e drammaticità. Come in “Gomorra” il libro è basato sulla conoscenza della realtà sociale e trova supporto e conferma in un’azione giudiziaria che, pochi mesi prima della sua pubblicazione, ha portato alla condanna di 43 giovani imputati nella sentenza di primo grado.
Nel vuoto creato nella camorra napoletana, dopo i processi che hanno portato in prigione o posto agli arresti domiciliari i pezzi più importanti dei vari clan, un gruppo di ragazzini che hanno come modelli sociali le carriere dei capi della camorra, come obiettivi l’arricchimento rapido e il controllo di una parte del territorio, cerca la propria affermazione come gruppo di fuoco autonomo, con azioni feroci.
Saviano usa una combinazione tra narrazione e saggistica per metterci di fronte ad una situazione sociale angosciante, ma purtroppo reale, poiché le pagine di cronaca nera napoletana ci parlano di “stese”, le sparatorie a vuoto (quando va bene) che servono ad affermare il potere intimidatorio delle “paranze”, di aggressioni e omicidi giovanili.
Certo questa è solo la parte nera di una città in cui coesistono esasperate ed esasperanti contraddizioni; un parte sgradevole, ma più reale dell’immagine patinata ed oleografica che è stata data in una recente versione televisiva de “I bastardi di Pizzofalcone”, sicuramente più apprezzata dal primo cittadino di Napoli, che ha reagito con incomprensibile pesantezza alla pubblicazione di questo libro.
Nello stile Saviano cerca di ricreare il linguaggio reale dei ragazzini napoletani, un dialetto appesantito da interiezioni che rendono ancor meno piacevole una narrazione crudamente realistica.