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Dovremmo essere tutti femministi
 
Dovremmo essere tutti femministi 2016-12-02 10:07:11 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    02 Dicembre, 2016
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Realtà a confronto

«La mia definizione di femminista è questa: un uomo o una donna che dice si, esiste un problema con il genere così com’è concepito oggi e dobbiamo risolverlo, dobbiamo fare meglio. Tutti noi, donne e uomini, dobbiamo fare meglio»

Originariamente nato come un intervento tenuto da Chimamanda Ngozi Adichie nel 2012, “Dovremmo essere tutti femministi”, è elaborato chiaro, diretto e dal carattere fortemente riflessivo.
Nigeriana appartenente all’etnia di Igbo che divide la sua vita tra l’America e l’Africa, la donna riesce, con poche battute a rendere l’idea di quanto questi due mondi siano tra loro estremamente differenti. Partendo dalla concezione della parola “femminismo”, l’autrice dà avvio ad una disamina che porta a valutare come questo appellativo fosse considerato in passato fino a giungere all’interpretazione moderna dello stesso. Segue un perfetto parallelismo tra l’Africa che concepisce la donna quale funzione dell’uomo e l’America dove l’emancipazione è maggiore ma non assoluta dovendo, infatti, la figura femminile, ancora pienamente affermare il proprio diritto di uguaglianza agli uomini. Ad avvalorare il tutto, piccoli aneddoti di vita quotidiana, situazioni che agli occhi degli occidentali europei possono sembrare assurdi, ma che non sono altro che l’espressione di quella che è una realtà di fatto, soprattutto in determinati luoghi.
Un concentrato, dunque, di ironia che senza proselitismi e sdrammatizzando fa riflettere il lettore. Proprio per questo non dubito del fatto che a conclusione della conferenza ella sia stata acclamata dal pubblico di ascoltatori. Ma badate bene, non è solo un saggio su quel che concerne la parità dei sessi e al rispetto reciproco, è anche un appello al riguardo di sé stessi, perché ognuno dovrebbe semplicemente accettarsi per quello che è senza avere il timore di uscire dagli schemi, da quel che la società pretende essere.
In conclusione, un libricino che conquista e invita alla meditazione, un elaborato che per la sua brevità non risulta essere pesante e che al contempo, nuovamete a causa delle sue 41 pagine, fa desiderare ulteriori approfondimenti del tema.

«Il problema del genere è che prescrive come dovremmo essere invece di riconoscere come siamo. Immaginate quanto saremmo più felici, quanto ci sentiremmo più liberi di essere chi siamo veramente, senza il peso delle aspettative legate al genere » p. 27

«Come succede in molte grandi città, parcheggiare la sera può essere un’impresa, e il lavoro di questi ragazzi consiste nel trovarti un posto o, quando il posto c’è, nel guidarti gesticolando nella manovra, promettendo di “tenere d’occhio” la macchina fino al tuo ritorno. Quella sera sono rimasta colpita dalle doti istrioniche dell’uomo che ci aveva trovato il posto e così, prima di allontanarmi, ho deciso di dargli una mancia. Ho aperto la borsa, ho infilato la mano dentro per prendere i soldi e li ho dati all’uomo. E lui, quell’uomo grato e felice, ha preso i soldi dalla mia mano, poi si è girato vero Louis e ha detto “Grazie, signore!”.» p. 11

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Commenti

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Bella recensione, Maria.
Com'è condivisibile la frase iniziale!
In risposta ad un precedente commento
Mian88
05 Dicembre, 2016
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Grazie Emilio, sono incappata per caso in questo romanzo e sono felice di averlo letto :-)
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