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Parole regine
Il libro si presenta come un saggio sulle parole, anche se di fatto è un condensato di citazioni e rimandi ad altri testi, quindi credo all’autore che afferma che per lui è stato un gioco. A me è sembrato più una dissertazione linguistica fine a se stessa, ed a tratti un manifesto politico che mi è sembrato un po’ fuori luogo, visto l’obiettivo del saggio che era quello di far riflettere sul senso di alcune parole chiave della nostra lingua. La premessa al saggio è difficile da leggere, intrisa di riferimenti culturali che la appesantiscono e che creano distanza con il lettore. Il saggio prosegue poi con l’analisi di 5 parole regine: vergogna, giustizia, ribellione, bellezza e scelta. Le rispettive analisi, ricchissime di riferimenti al greco, sono concatenate l’una all’altra. Le mie preferite sono state quella relativa alla parola bellezza e quella relativa alla parola scelta, che, in sé, le racchiude un po’ tutte in quanto scelta è ribellione non violenta, ricerca della giustizia, pratica etica della bellezza e dell’eleganza e salvezza dalla vergogna. L’ultima parte del saggio è dedicata al linguaggio dei giuristi ed alle parole del diritto, complicate, spesso inutilmente, forzatamente ricercate, con tante caratteristiche comuni al linguaggio della politica, fino ad arrivare ad un’analisi linguistica della nostra Costituzione, un testo esemplare per sintesi, chiarezza, sobrietà, flessibilità, rigore. Condivido pienamente questa lettura della Costituzione ed avrei preferito, vista la stima che ho per quest’autore, che anche questo suo saggio avesse analoghe caratteristiche linguistiche.
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