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Complottismo sociale?
Nelle prime pagine l'autore non fa altro che ripetere concetti già espressi, tutto sommato banali, quindi bisogna mettere in conto questo scoglio iniziale se si vuole intraprendere la lettura di questo libro.
Lo stile dell'autore è apprezzabile, riesce a mantenere l'esposizione con un certo ritmo, senza più lasciarsi (dopo l'inizio) a lunghe e fiaccanti ripetizioni.
Tuttavia, nonostante una certa attitudine alla scrittura, Laffi non riesce a fare a meno di impantanarsi in alcuni giochi retorici piuttosto scontati che più o meno coscientemente vengono inseriti per convincere il lettore di alcune tesi che invece vengono quasi ridicolizzate da tali mediocri artifici.
Piuttosto grave a mio avviso il fatto che un adolescente (diciottenne al momento della scrittura) come me fatichi a riconoscersi nei presunti modelli di scuola, in particolare inferiore, e famiglia contemporanee secondo Laffi, che non coincidono affatto con ciò che ho vissuto e sto vivendo. Quindi, escludendo per praticità l'ipotesi di aver vissuto una fortunata tregua da un sistema scolastico oppressivo e sedativo, credo di poter sostenere che l'autore si basa su una scuola che non esiste più da anni, spero per (comunque deprecabile) ignoranza, piuttosto che malafede tesa a sostenere i propri argomenti.
Al di là di questa critica, va detto che l'autore analizza con certa competenza vari altri aspetti della realtà adolescenziale, tuttavia tende in tutto il libro a giustificare quasi la totalità dei comportamenti dei “giovani” del titolo, vittime pure e caste di una vera e propria congiura.
Il tutto mi sembra impregnato di un certo manicheismo, di una voglia di saltare a piè pari la barricata senza pensare che spesso la verità sta nel mezzo.
Voler credere che i giovani siano per forza meglio dei vecchi è una semplice illusione in un certo senso figlia di un positivismo sociale che va scontrandosi con una realtà molto più dura.
Va detto comunque che l'autore ha indubbiamente ragione quando sostiene la necessità di ricambio generazionale, seppure non siamo migliori di quelli che ci hanno preceduto e che sono ancora ai loro posti in età ultra-pensionabile, comunque potremo sicuramente portare un cambiamento, non per forza in negativo o in positivo, ma necessario per prevenire un totale immobilismo.
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Condivido le idee che hai espresso nel tuo bel commento.
Quanti 'intellettuali' continuano a crogiolarsi in 'luoghi comuni', avendo forse abdicato ad esercitare seriamente
la facoltà di pensiero.