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Le parole sono atti
Mai banale, mai pesante, mai retorico, Roberto Saviano in otto brevi monologhi disegna un quadro lucido e realistico di un'Italia afflitta da troppo tempo da una serie di mali, vecchi e nuovi, dai quali sembra sempre meno in grado di guarire. Si parte dalla scarsa considerazione data al concetto di unità nazionale, in nome di rivoltanti campanilismi e di limitati interessi locali. Si passa alla cosiddetta macchina del fango, cioè la tendenza a delegittimare gli altri attraverso una studiata e artificiosa diffamazione. Si parla inevitabilmente di criminalità organizzata, di mafia, 'ndrangheta, camorra, di connivenze con la politica, di infiltrazioni in ogni settore dell'economia e in ogni angolo del Paese, al Sud come al Nord. Si affronta il tema del diritto alla vita, dell'accanimento terapeutico, della libertà di morire in maniera dignitosa contro ipocriti e anacronistici moralismi civili e religiosi. Non possono mancare le grandi tragedie, l'emergenza rifiuti e l'avvelenamento della Campania da una parte, il terremoto in Abruzzo e l'inefficienza delle attività di prevenzione dall'altra. Si chiude con un pensiero ad una Costituzione che meriterebbe un rispetto e una considerazione infiniti e che invece troppo spesso viene terribilmente ignorata, calpestata, osteggiata, violentata. Argomenti scomodi e sovente subdolamente taciuti che l'autore non ha paura di affrontare sfidando vili minacce e ignobili accuse di diffamare il Paese, guidato dalla convinzione che "raccontare è già un passo avanti nel fare, perché le parole sono atti. Ed è per questo che fermare la parola significa fermare il fare. Raccontare come stanno le cose vuol dire non subirle". Quello che viene fuori è un ritratto impietoso e tristemente veritiero di una nazione incapace di reagire, di un popolo che troppo spesso pensa che non valga la pena ribellarsi, lottare, riscattarsi. Ma l'atteggiamento di Saviano è tutt'altro che disfattista e non mancano fortunatamente gli esempi positivi. Da Carlo Cattaneo e la sua idea di federalismo solidale a Giovanni Falcone che, ignorando il fango che gli veniva continuamente gettato addosso, ha perseguito il suo sogno di giustizia fino a trovarvi la morte. Da Piergiorgio Welby che, invece di andarsene a morire in Svizzera, ha preferito restare in Italia a lottare per i diritti di tutti i suoi connazionali a don Giacomo Panizza che da Brescia è andato in Calabria a sfidare disarmato la 'ndrangheta. Per finire con Piero Calamandrei a la sua continua e incessante battaglia in difesa della Carta Costituzionale. Grandi uomini che hanno detto no alla paura, al ricatto, all'egoismo, all'opportunismo. Esempi che tutti dovremmo seguire per poter finalmente costruire un'Italia migliore in cui sia più bello e più facile vivere, senza dover necessariamente andarsene o sognare di farlo dicendo a chi ci sta vicino: "vieni via con me".
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@Francesca: quello che dici è giusto...forse la giustificazione sta nel fatto che una critica costruttiva e ben strutturata può risultare più utile ai fini di un miglioramento rispetto ad una narcisistica autocelebrazione
@C.U.B.: Saviano è straordinario, sia per i contenuti che per la maniera di raccontare...io Zero zero zero spero di procurarmelo al più presto
@ Rollo: in realtà il titolo non è farina del mio sacco ma è preso dalle parole di Saviano che ho riportato anche nel testo, ma mi sembravano talmente emblematiche del messaggio dell'autore che non ho potuto fare a meno di "copiarle" :-)
Oltre a Zero zero zero, ti consiglio anche La bellezza e l'inferno, libro molto particolare.
Ciao
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