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Omologazione e (non) libertà
In Italia, nei trascorsi decenni, si è verificata una serie di cambiamenti che hanno coinvolto anche (soprattutto) stili di vita, valori...
Ciò, in parte, è derivato da mutamenti 'strutturali', quali il boom industriale con annessa urbanizzazione, quindi abbandono delle aree agricole e crisi del mondo contadino, e dalla diffusione dei 'media', in particolare della televisione, che ha proposto/imposto consumismo, edonismo, mito del successo...
Dei nefasti effetti dovuti a tali cambiamenti, si è ampiamente occupato Pasolini.
"Scritti corsari" raccoglie testi (articoli di giornale) comparsi nel periodo 1973-75, cioè negli ultimi anni di vita dell'autore, il quale denunciava, appunto, quanto dolorosamente constatava: la fine della secolare civiltà contadina (ricordiamo qui il poetico articolo sulla scomparsa delle lucciole dalle nostre campagne) e la progressiva omologazione secondo modelli e ' valori' legati al prorompente consumismo veicolato soprattutto dal mezzo televisivo, portatore di condizionamenti a scapito dell'autenticità, quindi della vera libertà.
Per motivi di spazio, mi soffermo solamente sul " 'Discorso' dei capelli", in quanto particolarmente significativo e quasi emblematico del più ampio 'discorso' sul mutamento della mentalità di quegli anni e sul degrado di cui esso fu portatore.
Pasolini racconta come ha visto i primi (educati) ragazzi coi capelli lunghi (i 'capelloni') in un albergo di Praga.
Con l'acutezza del semiologo, si domanda "qual era il senso del loro messaggio silenzioso ed esclusivamente fisico". "Dicevano questo: "La civiltà consumistica ci ha nauseati.(...) La nostra generazione doveva essere una generazione di integrati? (...) Noi opponiamo la follia a un destino di 'executives' " . Pasolini li valutò positivamente, perché portatori di autentico anticonformismo.
Poi venne il '68: i capelloni furono numerosi e non più silenziosi, lanciavano slogan contro il sistema...; ci fu un verbalismo chiassoso, che poteva esprimere indistintamente mentalità diverse, sottoculture perfino politicamente contrapposte.
Allora lo scrittore iniziò a guardare con sospetto il fenomeno che in un primo momento l'aveva colpito favorevolmente.
Siamo arrivati nel '72. L'autore si trovava a Isfahan, nel cuore della Persia: "Ed ecco che una sera, camminando nella strada principale, vidi, tra quei ragazzi antichi bellissimi e pieni dell'antica dignità umana, due esseri mostruosi: (...) i loro capelli erano tagliati all'europea, lunghi di dietro, corti sulla fronte, resi stopposi dal tiraggio, appiccicati artificialmente intorno al viso con due laidi ciuffetti sopra le orecchie.
Che cosa dicevano questi loro capelli? Dicevano: 'Noi non apparteniamo al numero di questi morti di fame, di questi poveracci sottosviluppati (...). Noi siamo impiegati di banca, studenti, figli di gente arricchita (...); ed ecco qui i nostri capelli lunghi che testimoniano la nostra modernità internazionale di privilegiati!' ". Quei capelli erano omologati alle mode della televisione e della pubblicità: erano il segno di un nuovo conformismo (magari travestito da anticonformismo, che è poi un 'conformismo al contrario').
L'autore conclude amaramente con una frase di significato autorevole e profondo: "La loro libertà di portare i capelli come vogliono non è più difendibile, perché non è più libertà".
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Commenti
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Condivido in pieno l'impostazione che hai dato alla tua recensione: per farne una accurata, bisognerebbe davvero scrivere un altro libro.
Mi consigli qualcosa in particolare ?
Post aperto a tutti gli esperti di Pasolini :-)
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