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Chi racconta non muore mai
Pagina 444, chiudiamo il libro, ma l’inferno non è finito, la lucida febbre che ha pervaso la penna di Roberto Saviano lungo questa discesa negli inferi del narcotraffico si è insinuata in ogni fibra della nostra vita di lettori. La realtà, soprattutto quella italiana che ci giunge attraverso i tg e i giornali, sembra ormai una farsa rispetto al mondo vero, quello della violenza senza fine che Saviano ci racconta. E noi lettori abbiamo capito sin dalle prime pagine che nulla sarebbe stato più come prima di aver letto questo libro, che non è solo un colossale reportage giornalistico sulla cocaina – che occorre produrre, spostare, distribuire, vendere e da cui si ricava denaro, tanto denaro, come in nessun altro commercio al mondo – ma un appassionante romanzo storico che scolpisce nel sangue ghiacciato di ognuno di noi la realtà spietata di questo mondo attuale. Un giorno, fra millenni, quando di questa civiltà sarà rimasta solo polvere, gli esseri che verranno a scavare fra i resti delle nostre piramidi d’acciaio apprenderanno la nostra storia da ZeroZeroZero. Una volta letta la storia dei Kaibiles guatemaltechi, tutto il resto, lo spread, l’ONU e la Comunità Europea, la globalizzazione, la cultura, il catoblepismo, tutto sembrerà inutile agli occhi di queste creature del futuro… perché la riflessione che sorgerà spontanea dopo aver letto questo libro è che forse l’essere umano è stato uno strano incidente di percorso nella evoluzione delle specie.
Siamo in guerra, la guerra per creare la coca e per venderla, attorno ad essa girano capitali che muovono economie del mondo intero, tutto il vuoto echeggiante di chiacchiere a cui assistiamo ogni giorno è rappresentazione teatrale senza senso né speranza: la narcoguerra comanda e dirige quasi tutte le guerre economiche della nostra società. E la nostra società subisce, codarda e collusa, senza far scendere in campo ogni giorno nei parlamenti, al primo posto dell’ordine del giorno, ogni giorno! leggi, mezzi e uomini per combattere la più grande emergenza delle nostre nazioni, lasciando, invece, a pochi uomini coraggiosi come Roberto Saviano il compito di gridarci la verità. Nei ringraziamenti finali, l’autore offre giustamente un cenno di gratitudine a Repubblica e l’Espresso che “non si tirano indietro su questi temi”, facendolo sentire protetto. E tutti gli altri giornalisti italiani e del mondo intero? Dov’erano prima di Gomorra e di ZeroZeroZero? Dove sono ora?
Nel capitolo 17 (Chi racconta muore) Saviano dice che leggere è pericoloso e che il lettore rischia moltissimo, ed è giusto per un autore come lui che ha fatto suo l’insegnamento di Cioran: “Un libro deve frugare nelle ferite, deve procurarne di nuove, deve essere pericoloso”. E racconta, con mirabile maestria narrativa, la storia del giornalista-fotoreporter Christian Proveda le cui ultime parole furono: “Il governo non ha idea di che mostro si trovi davanti”.
Ecco il punto: le centinaia di faldoni in cui l’autore ha scavato per dare vita a ZeroZeroZero, questo libro-inchiesta, questo documento storico scritto con il sangue di milioni di vittime, segna una linea di demarcazione, da adesso in poi nessun governo, giornalista o cittadino potrà mai più dire che non aveva idea di che mostro si nascondesse dietro la nostra realtà di cartapesta.
Saviano ha usato una penna precisa, dal ritmo incalzante, implacabile, da grandissimo narratore, tenendoci incollati alle pagine in cui ci ha mostrato che la ferocia si apprende, si insegna, si impara, e noi lettori, anche dopo aver chiuso il libro, siamo rimasti imprigionati in questa gabbia emozionale respirando il tanfo di morte, miseria, barbarie, corruzione, scossi da questa apocalisse