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La vita come morte latente
«Da che parte stai, Israele o Palestina?» Sì, mi hanno posto la domanda. Secondo me, non ha senso. Io sto dalla parte di coloro che vogliono la pace. Non vedo alternative.
Questa breve introduzione non mi sembra fuori tema per introdurre questa raccolta di saggi, scritta dall’ottima penna di David Grossman.
“Hegel ha detto che sono i malvagi a fare la storia. A me sembra che in Medio Oriente conosciamo bene il rovescio di questa medaglia, e cioè che una certa storia può rendere malvagi”.
L’autore affronta diversi argomenti, che ci portano a riflettere su Israele e sulla guerra: il suo lavoro, della sua famiglia, del suo paese, il suo popolo, la storia; tutto riconduce all’ossessione di una pace che sfugge. Le riflessioni sono scritte con passione, ma non per questo difettano in lucidità: ci raccontano gli effetti deleteri di una storia fatta di guerre e persecuzioni; esaminano le deformazioni devastanti prodotte dalla paura, che incatenano e generano odio e schiavitù; esplorano le possibilità e gli orizzonti di un futuro senza guerra.
L’autore analizza le cause e i sintomi della malattia che ha cambiato i fondamenti etici e culturali del suo popolo, che dopo millenni di esilio e di esistenza inerme ha preso le armi e non ha più smesso di usarle. Il lungo conflitto, i confini sempre instabili dello Stato, la paura, l’odio e il senso di colpa hanno impoverito e svuotato di senso la vita, ma anche la morte.
“La consapevolezza dell’insostenibile leggerezza della morte, la cui più mesta espressione ho sentito una volta in un’intervista a una coppia di israeliani alla vigilia del matrimonio. Alla coppia fu chiesto quanti figli avrebbero desiderato, e la giovane, dolce sposina rispose prontamente che ne avrebbero voluto tre - perché, se uno viene ucciso in guerra, ce ne restano altri due.”
Un presente funestato da una guerra infinita, un passato di esilio e di persecuzione, un futuro immutabile: non è più una vita, ma una “morte latente”, come la definisce l’autore. In questa condizione priva di continuità, cambiare prospettiva è la chiave per immaginare un futuro migliore: è necessario guardare il mondo con gli occhi del nemico, proprio perché la pace sembra un obiettivo irraggiungibile.
“Non credo che un cambiamento drastico possa avvenire in tempi brevi, ma se anche ciò dovesse verificarsi nel giro di una o due generazioni, potrebbe contribuire a sanare la deformazione che ha portato Israele lontano dal suo stesso ethos.”
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Commenti
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lui è stato toccato in prima persona dal conflitto e quindi è uno dei pochi che riesca e possa dire la sua con cognizione..
bella recensione!
Sì, l'analisi di Grossman ci offre una visione ravvicinata e al tempo stesso molto ampia.
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analisi molto interessante...
ti faccio una domanda, Antonella: a livello stilistico è di facile lettura o rientra a pieno titolo nel genere di saggio storico-politico?