Dettagli Recensione
Sulle regole
Il libro, veloce e di facile lettura (solo 156 pagine), non è in realtà di facile comprensione.
Già l'introduzione è interessantissima:
La giustizia non può funzionare se i cittadini non comprendono il perchè delle regole. Se non lo comprendono tendono a eludere le norme, quando le vedono faticose, e a violarle, quando non rispondono alla loro volontà.
Nella prima parte, Colombo riflette sulla differenza tra la legalità e la giustizia. Mostra in che modo la gente confonde i due concetti, e si chiede se può esistere un principio universale in base al quale stabilire delle leggi giuste, facendo l'esempio (fra i tanti) delle leggi razziali emanate dall'Iatlia nel 1938 - e tutti consideravano quella legge giusta, e la applicavano seguendo il principio di giustizia in vigore in quel momento (Qualunque sia il fine, e al di là dei mezzi per raggiungerlo, ciascuno si presenta come persona giusta che intende realizzare la giustizia. In nome di questo principio sono scoppiate rivoluzioni, sono state represse sommosse, praticati genocidi, commessi crimini orrendi. Pag. 24); salvo, dopo la fine della seconda guerra mondiale, la stessa Italia ha abolito quelle stesse leggi razziali del 1938, - e tutti trovavano quella legge giusta, e la applicavano seguendo i principi di giustizia in vigore allora (in vigore tuttora).
A tal proposito, l'autore riflette che La giustizia, anzichè essere motivo del diritto, ne diventa una conseguenza: giusto è quel che la legge dichiara tale, indipendentemente dalla coerenza con principi (o con ragioni) che stiano al di fuori della legge medesima. La giustizia, perciò, perde qualsiasi valore di universalità e si ammette che possano esistere, anche contemporaneamente, più diritti diversi, ciascuno dei quali è "giusto" nel momento in cui esiste ed è applicato su un determinato territorio. (Pag. 34)
Dopodichè l'autore mostra i modelli di società verticale e orizzontale, analizzandoli anche dal punto di vista storico.
Successivamente arriva ad analizzare il concetto di "pena" nell'una società, come nell'altra. Mi trovo perfettamente d'accordo, come già descritto in altro topic, sull'idea che Il carcere non soddisfa gli obiettivi per cui è utilizzato: salvo impedire che chi vi è recluso commetta reati (per il solo periodo della detenzione), non svolge funzioni di prevenzione speciale (in quanto non contribuisce a evitare che chi ha già violato le regole torni a farlo), non svolge funzioni di prevenzione generale ( di fatto, il più delle volte la sua minaccia non costituisce un deterrente alla violazione delle regole) e, come si è visto, costa molto in termini economici alla società. [Precedentemente, Colombo sottolineava il costo di circa € 151,00 al giorno per detenuto.] (Pag. 82-83) ... Ecco allora mettere dietro le sbarre chi ha violato la legge. E poichè queste persone sono cattive come il lupo (ma al contrario di lui capiscono), bisogna anche far sentire loro che il delitto non solo non paga, am addirittura fa soffrire. Essenso questo il modo di pensare comune, non ci si accorge, anzi si rifiuta di credere che possano esistere alternative. Ma anche prima di Niccolò Copernico a nessuno passava per la mente che potesse essere la Terra a girare intorno al Sole e non viceversa. (Pag. 85)
Gerardo Colombo conclude il suo libro con una riflessione tra libertà e responsabilità (v. pag. 139).
A mio parere dovrebbe essere un libro da adottare come libro di teso di educazione civica e educazione alla convivenza civile nelle scuole di ogni ordine e grado.