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Il Sessantotto al futuro
 
Il Sessantotto al futuro 2008-08-10 04:52:04 prupitto
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prupitto Opinione inserita da prupitto    10 Agosto, 2008
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MARIO CAPANNA IL SESSANTOTTO AL FUTURO

Il volume merita solo una osservazione conclusiva:l'unico elemento degno di menzione e' l'onesta' dell'autore relativamente alla incapacita' del sessantotto di modificare la realta'.Un affermazione-quetsa-che da solo avrebbe dovuto invalidare gran parte delle tesi del volume.

Gagliano Giuseppe

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Il volumetto e’ caratterizzato da una enfasi ridicola a livello lessicale e contenutistico(si pensi alla espressione vibrazioni perduranti a pag.41),da involontarie autoironie(la’ dove parla della necessita’ di diffidare degli estremismi),da una interpretazione della realta’ storica del sessantotto e di quella contemporanea profondamnete viziata da stereotipi e da integralismi ideologici.Naturalmente la tecnica della rimozione storica costituisce -a tutti gli effetti- una procedura usata dall’autore molto disinvoltamente in relazione alla esaltazione della violenza e alla sua pratica durante il sessantotto o in merito alla presunta nonluntas dei protagonisti sessanttottini di volere solo rovesciare il potere senza conquistarlo.Quanto alle critiche rivolte dall’autore alla democrazia rappresentativa e al mercato, queste non solo altro che banali riedizioni della ideologia socialista dell’ottocento che l’autore riproprone senza alcun pudore dimenticando di rilevare il naufragio della democrazia diretta proprio durante il sessantotto a causa della demagogia populista profondamente radicata nella assemblea.Scontata- infine- l’adesione dell’autore alla tesi storiografica della discontinuita’ tra sessantotto e sessantasette,discontinuita’ che cela-in verita’ molto ingenuamente-un semplice dato di fatto:il ‘77 fu solo l’epilogo assolutamente coerente della violenza teorico-pratica del sessantotto.Quanto alla mancanza di visioni manichee da parte dei protagonisti del ‘68 anche questa affermazione e’ semplicemente risibile:da un lato fu formulata una condanna senza appello all’imperialismo e al capitalismo e dall’altro lato fu fatta propria una esaltazione acritica e dogmatica della Cina,della guerriglia terzomondista,di Stalin e persino del controterrorimo praticato da tutti i movimenti di liberazione spacciato per reazione legittima.Infine-e questa e’ forse la conclusione piu’ patetica del volume-l’autore riprende la tesi della compresenza di Capitini-maldestramente e grossolanamente-allo scpo di legittimare una sorta di unione mistica tra individio e comunita’ ,unione che ha la sua conclusione nella scontata condanna verso l’impero del male e cioe’ verso la politica estera americana.Un ‘ultima osservazione infine:la critica ai pentiti opportunisti se appare ragionevole ad una prima lettura ad una lettura piu’ approfondita si palesa per cio’ che e’:l’impossibilita’- da parte di Capanna- di accettare che vi siano anche pentiti sinceri che non hanno tratto un beneficio particolare dalla condanna senza appello al sessantotto.<br />
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GAGLIANO GIUSEPPE
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