Dettagli Recensione
Quando volevamo cambiare il mondo
Beirut ,agosto 1976, per le strade che conservano qua e la qualche traccia della ricchezza
finanziaria che aveva caratterizzato questa piccola "Svizzera" mediorientale fino all'anno
precedente, si muovono normalmente i vecchi, i tassisti,i bambini e le donne che si recano al mercato,ogni tanto un razzo katiusha ferisce l'aria e finisce in qualche palazzo;"com'è la frutta oggi?", "dai fammi il prezzo buono!" una donna contratta, da lontano si sentono le sirene delle ambulanze, "devo fare presto", "ho appuntamento in ufficio" dice un uomo in giacca e cravatta, passano alcuni fedayn correndo,uno ha la divisa lorda di sangue, Attilio Wanderlingh inviato a Beirut dal Manifesto è giunto in questa città da poco e scopre per le strade l'assurdità della guerra.La gente sotto shock si rifugia nella normalità per sopravvivere all'orrore che ormai è calato nelle loro vite. Wanderlingh grazie al pass rilasciatogli da Al Fatah cerca di testimoniare quello che sta succedendo, si spinge fino a confini proibiti, una sventagliata di kalashnicov lo desta dal suo delirio di giornalista occidentale , la morte è pronta ad accogliere anche lui fra le sue instancabili braccia.
Poi la notte in albergo, i razzi che a migliaia illuminano il cielo, sembrano stelle cadenti, poi la mattina seguente scopri che quella piaggia di meteore illuminava una strage: i falangisti avevano massacrato donne e bambini.
Chiami Roma e il capo redattore ti fa : "Attilio che ci fai 120 righe su la strage?"
Come si fa a raccontare in 120 righe di un ragazzo che è stato legato con le braccia e le gambe al retro di due camionette che poi si sono allontanate in direzioni opposte scuarciandolo?
"Mi vennero in mente i pezzi più toccanti che avevo letto sui fronti di guerra, di tutte le guerre. Trasudavano di pietas, mischiavano l'affranto del cronista allo strazio delle vittime. Pietas umana di routine, un sentimento in vendita su carta stampata, uno scarto incolmabile tra la realtà e il racconto che forse sarebbe stato più giusto lasciare com'era: territorio del nulla umano, intestimoniabile",racconta Attilio Wanderlingh.
La parole del disincanto trascinate da un vento dapprima inpetuoso soffiano fra gli alberi della foresta guatemalteca,attravesano i fucili di un plotone d'esecuzione,spostano la sabbia del deserto eritreo,scuotono le tende nei campi di addestramento in Giordania,s'infrangono sui cingolati sovietici a Praga, nelle aule universitarie dove Giangiacomo Feltrinelli parlava del Che e gli altri credevano che fossero solo le spacconate di un ricco che giocava a fare il povero. Alla fine il vento diventa una leggera brezza e poi cessa, sembra si sia vissuta la stessa stagione dei comunardi parigini che nel 1871 sparavano agli orologi delle torri campanarie per fermare il tempo: è stato questo il Comunismo?