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Life-in-death
«Si prese un minuto alla volta,
Si prese la mia vita ora dopo ora,
Mi prosciugò come una luna che febbrile
Fiacca il girare del mondo.
I giorni passati come ombre,
I minuti un turbinio di stelle.
Dal mio cuore sottrasse la pietà
Per trasformarla in sorrisi.
Lei era il blocco di creta d’uno scultore,
I miei pensieri segreti, le dita:
Si libravano dietro la sua fronte pensosa
Per solcarla d’un dolore profondo.
Le labbra le chiusero, e le afflosciarono le guance,
Le abbatterono lo sguardo per la pena.
La mia anima aveva penetrato la creta, In lotta come sette diavoli.
Non era mia, non era sua;
Lei la protesse, ma quelle battaglie
Plasmarono un volto che lei stessa odiava,
E una faccia che temevo di guardare.
Bussai alle finestre, scossi i catenacci.
Mi nascosi in un angolo –
E poi morì, per perseguitarmi,
Perseguitarmi per tutta una vita.»
Correva l’anno 1951 quando Edgar Lee Masters iniziò a dedicarsi alla pubblicazione di epitaffi. Attratto dalla dicotomia vita-morte per quei contrasti apparenti così ben radicati in poesia, l’ex avvocato, fa proprio l’insegnamento di Coleridge per il quale il vecchio marinaio non cede al venir meno della vita per dover al contrario accettare l’ingombrante presenza di quel Life-in-death che lo affianca. E la morte è il denominatore comune di questa antologia, una costante che si ripresenta tra descrizioni, personaggi, defunti, paesaggi, interni ed esterni. Il tutto per delineare il coesistere di quelle due fasi dell’esistenza della gioventù e della vecchiaia.
Osteggiata in Italia dalla dittatura fascista, l’opera ha visto nel nostro paese la prima pubblicazione soltanto nel 1943 grazie alla traduzione di Pivano avviato tramite Pavese alla poetica americana. Quest’ultimo, in particolare, rimase folgorato da quelle descrizioni, da quelle anime messe a nudo, da quell’ardore puritano, da quel dramma di una mediocrità umana all’interno della quale viene meno la speranza.
Tanti versi, quelli presenti in questa antologia, che chiedono di essere letti un poco alla volta con calma e con empatia, senza fretta e con la giusta preposizione d’’animo. Magari intervallandoli anche con altri titoli, magari aprendoli di sovente alla sera poco prima di andare a dormire o al mattino poco dopo essersi rialzati. Una bella scoperta.
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Peccato, perchè pensavo fosse nelle mie corde ed ero molto entusiasta. Ammetto di essermici buttata a cento all'ora, che come dici tu è un approccio inappropriato.
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