Dettagli Recensione
Umanità
Nel 1915 l'americano Egar Lee Masters iniziò a pubblicare epitaffi, sparsi, sul "Mirror" poi raccolti con il titolo di Antologia. La pubblicazione della raccolta in Italia fu ostacolata dalle restrizioni del regime fascista e possibile solo nel 1943, grazie ad un'accurata e silenziosa traduzione della Pivano, avviatasi alla poetica americana attraverso Pavese, il cui genio colse indubbiamente l'unicità dei versi, che non risiedeva tanto nell'ambientazione ordinaria del paesino come molti, né nella critica antipuritana ben chiara, quanto più "nell'ardore puritano" della poetica stessa.
Il dramma della mediocrità umana nonché della mancata Speranza di giudizio o di fine irrompe, nuova, nell'epicità fascista, trasformando i personaggi dell'epica eroica in uomini comuni, di vita insulsa. Proprio nella morte si consuma la tragedia, non della cessazione, ma della mancata presenza di una legge post mortem(La Themis greca) . La confusione e l'indecisione propriamente umana è ricalcata nei tratti degli abitanti di una cittadina come molte, con uomini come tanti. Dell'epitaffio greco permane la forma, smantellati i valori, ridimensionate le intenzioni. Ne rimane la vita umana livellata dalla noncuranza del creato.
Questi versi mi hanno legata, un po' più saldamente, alla poesia e hanno tracciato per me un sentiero più o meno percorribile, a volte dispersivo e tortuoso, nel mondo della poesia. Lo consiglio spassionatamente sia ai già veterani amanti dei versi che ai novelli interessati.