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"...e io dissi: sono un poeta..."
Sono poesie ( 50 ) con traduzione a fianco, tratte dall’editore Guanda da due raccolte, la prima
“It Catches My Heart in its Hands” (1955-1963), la seconda “Crucifix in a Deathland” (1963-1965),
composte dall’autore in età matura, poco prima e poco dopo i quarant’anni, quando la sua vita si stava assestando e cominciava a guardare il mondo e la gente attorno con aria apparentemente distaccata, ora sorniona e sarcastica, ora disperatamente partecipe, ben conscio che la vita avrebbe potuto riservargli forse altre compagnie, con meno ipocrisia e più verità. Ed ecco i quadri di un’umanità priva di valori autentici, che si trascina stancamente da abitazioni fatiscenti a bar di terz’ordine, da ippodromi dove cavalli male allenati si sfiancano per movimentare scommesse truccate a giardini e motel ospitanti i poveri e gli sconfitti dalla vita… Bukowsky sembra provare pietà per gli sconfitti ed i reietti, lontani dai successi effimeri, ed alza la sua voce quasi a consolarli proprio in quegli anni in cui sembrava affondare il sogno americano. Il mondo degli ultimi è stato per anni il suo mondo, e non c’è penna che sappia descriverlo meglio. La macchina per scrivere e la bottiglia sono la salvezza del poeta, per altri, per i più il vivere è una sequela di sconfitte senza appelli e senza redenzione. Memorabile il suo ricordo di Marilyn Monroe, dimenticata “come un fiore appassito e gettato via”, o di Borodin la cui moglie “usava le sue composizioni per rivestire la lettiera del gatto”, o ancora dei tori morti nelle corride allorquando “nulla è morto… e lo schifo finale è il mondo”, oppure ancora dei vecchi operai, “canuti e inutili” che vengono mandati in pensione(“outside”!), consumati da anni di fatiche e di sacrifici… E che dire della sarcastica “they, all of them, know”, un interminabile elenco di “chiedi” a questo o a quell’altro e “tutti loro ti diranno: una moglie collerica alla balaustra è molto più di quanto un uomo possa sopportare”.
Grande Bukowsky, canzonatorio e ironico: una vita spesa a osservare e cercare di dimenticare un mondo che, forse, non lo ha mai compreso appieno.