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"Carpe diem" in salsa orientale
Apprezzato scienziato e filosofo, nonché poeta estremamente colto e a tratti irriverente, ’Omar Khayyam (XI-XII secolo d.C.) è una delle personalità più illustri non solo della Persia e, più in generale, del mondo islamico, ma anche del panorama culturale universale.
È celebre per le sue Quartine (Rob?yy?t), giunte fino a noi in discreto numero e tradotte per la prima volta in Occidente intorno alla metà dell’Ottocento con grande successo di pubblico: versi, i suoi, dove metrica, saggezza e spiritualità si uniscono in un mix poetico dal superbo fascino destinato ad attraversare i secoli e a superare così l’oblio del tempo.
Le continue esortazioni a riempire la coppa e a bere (vino, non acqua – curioso “topos” in una società musulmana come quella persiana in cui viveva l’autore), a pensare al presente, a vivere l’attimo che fugge inesorabile, così come l’estrema fragilità dell’umana esistenza e l’incombenza della morte sono i temi ricorrenti della poesia di ’Omar Khayyam, temi che non si discostano da quelli della grande poesia classica senza tempo a partire addirittura dai lirici greci.
Tante le quartine su cui riflettere; eccone una tra le più belle e significative dell’intera raccolta:
“Non ricordare il giorno trascorso
E non perderti in lacrime sul domani che viene:
Su passato e futuro non far fondamento
Vivi dell'oggi e non perdere al vento la vita.”
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