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Spoon River, commedia umana del '900
Opera multiforme e polifonica, l'Antologia di Spoon River di Lee Masters è a tutti gli effetti la commedia umana del novecento e proprio perché si pone come commedia umana bisogna non tralasciare i modelli e le fonti dell'autore che non devono essere limitati a quelli della poesia sepolcrale preromantica per la tematica della memoria e dell'effimero e all'Antologia Palatina per la struttura degli epitaffi. Ogni defunto di questo capolavoro si presenta al lettore con un eco dantesca, e certamente Masters guardava alla Commedia come modello principale per i personaggi: i defunti di Spoon River si presentano, dicono sempre la verità (ormai nella morte non hanno più nulla da nascondere), esprimono rimpianti o si lamentano della loro condizione di quando furono in vita, raccontano in breve la loro parabola terrena o un solo episodio che per loro risulta particolarmente importante; lo stesso attaccamento alla terra denunciavano i dannati e i purganti di Dante.
L'Antologia ha una struttura aperta. Possiamo entrare nell'universo di Spoon River da qualunque parte, aprendo una pagina a caso del nostro volume: non è richiesta infatti una lettura lineare e diacronica, in quanto i testi della raccolta, salvo l'introduzione che fa da cornice (The Hill), si presentano tutti in maniera sincronica, apparentemente senza un ordine preciso (l'unico ordine ravvisabile è quello per filoni tematici: verità, memoria, unioni e disunioni, essere e apparire, l'amore, il fallimento, le convenzioni sociali, il vizio e il peccato, la libertà e la felicità, il titanismo, l'effimero, etc...): il viaggio di conoscenza che era necessario in Dante, al lettore moderno (e a Masters) non è più sufficiente per raggiungere la verità, perché una verità non c'è più, e qui è rimarcata la natura novecentesca dell'antologia che esprime una moltitudine di voci ognuna delle quali sembra affermare una verità e una visione del mondo tutta sua. Il lettore non può che ricavarne un'immagine relativistica e straniante. E ancora Boccaccio e Balzac sono da comprendere fra i modelli dell'opera, che ritrae la vita di gente di tutti i ceti sociali, con un'occhiata più marcata verso il borghese medio; è quindi un afresco della società americana dei primi decenni del secolo, ne riporta la visione della realtà, l'ideologia, i problemi (anche ontologici), le insicurezze, dietro cui si cela il pessimismo e la critica sociale dell'autore. Una serie di destini che formano assieme un unico grande destino, quello non solo di una società in crisi, ma di una crisi che è propria dell'uomo del novecento, se non dell'uomo in quanto uomo. Capolavoro indiscusso, spesso sottovalutato.
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Bello il tuo commento. Anche a me il libro è piaciuto, in particolare nella traduzione di Fernanda Pivano.