Dettagli Recensione
Maledetto e ilare, appeso ad una forca
Faccio premessa. Francois Villon è uno dei più controversi e sconosciuti autori della letteratura e poesia universale. Leggerlo in lingua originale è pressochè impossibile senza essere laureati in lingua francese e soprattutto aver compiuto degli studi sull'evoluzione della lingua francese. Dell'autore colpisce che da un certo anno in poi non si sa più nulla di lui. Ma anche per il prima è difficile capire quanto appartenga alla realtà e quanto alla leggenda. Ne fa menzione anche De Andrè che scrive l'introduzione a questo troppo piccolo libro dal titolo Poesie, edito da Feltrinelli, con testo a fronte e nota critica di Luigi de Nardis, testo che però ha il vantaggio di avere un prezzo contenutissimo e questo giova alla scoperta di un autore per chi volesse cimentarsi con la poesia di Villon.
Per chi invece volesse approfondire consiglio il Meridiano che Mondadori ha dedicato all'autore e la raccolta corposa ed economica che Bur pubblicò in Italia intitolata Lascito e Testamento, con testo a fronte.
Per chi invece volesse leggere la sua vita romanzata e inventata a volte di sana pianta, consiglio il volume, Io francois villon di t. jean edito da neri pozza.
Tornando a questo autore leggendario che cantò dei diseredati, di malavita, di sesso e turpitudine, di maledetti, ma pure di madonne che arrecano dolore e donano gioia, e beffeggiò nei suoi versi Clero e Potere, nel libro troverete la celebre ballata degli impiccati e basta questa a giustificare l'acquisto. Ad una timida riflessione nel 1400 era difficile che un poveretto potesse scrivere poemi di alto livello che andassero a scomodare e citare testi sacri, che conoscesse i testi di sommi poeti dell'epoca, ma ciò che conta è la poesia che si è conservata fino ai nostri giorni. Villon giocando a citarsi e a creare la leggenda di sè stesso tra amor cortese e scortese, cocquillard, coltelli, bastoni e vita grama ha inventato la poesia "volgare" in lingua francesce (non parlo di langue d'oc e oil già esistenti) e ci lascia la sua triste ironia in pegno, quel fardello terribile che è d'ogni uomo di fronte alla morte, un fardello troppo pesante per non lasciarsi scappare un sorriso e una pernacchia. Villon ne sarebbe felice. D'altra parte lo dice lui stesso, Villon nasconde una rima nella sua lingua.