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Tra i silenzi delle parole
È poesia di silenzi, di memorie soffuse, di lievi sussurri del cuore, quella racchiusa tra le pagine di “Un ordinato groviglio” dell’autrice isolana Piera Maria Chessa, silloge di cui sorprende anzitutto l’ossimoro espresso dal titolo.
Groviglio di sentimenti, emozioni, sensazioni che, ordinatamente, tracciano versi che spaziano tra presente e passato, tra quotidianità e sprazzi di mondi lontani o nostalgie di passaggio che sanno d’acqua di fiume e affetti perduti. E così, seguendo il filo aggrovigliato dei versi, si sprofonda nella quiete silenziosa della casa, interrotta all’improvviso dallo squillo del telefono cui occorre rispondere per dare avvio al giorno, così come si assapora l’amaro vuoto lasciato da chi è appena partito, subito mestamente annusato da un cane fedele; ci si ritrova in un aeroporto, nel mezzo del frettoloso via vai di arrivi e partenze, in attesa di un viso conosciuto da riabbracciare e “una valigia da ritirare” o, ancora, si entra nelle corsie d’un ospedale, cogliendo la muta solitudine dell’umanità più dolente.
“[…] Si attenua la lenta sofferenza/ rarefatta dal calore degli affetti,/ ma si accentua la certezza del dolore/ supporto amaro alla fragilità dell’uomo.” (da “La certezza del dolore”)
La bellezza di queste liriche consiste nella loro scrittura semplice, lontana da ermetiche acrobazie poetiche, ma non per questo meno preziosa ed emozionante, che traccia volti e paesaggi raccontando tante piccole storie, molte delle quali smarrite nel vortice impietoso del tempo, tra cui scorre anche quella dell’autrice stessa, attenta testimone di giorni che dimostrano di saper ancora cogliere una sommessa carezza d’amore, “il pigolio delle prime rondini” e, nonostante tutto, il palpito arcano delle stelle.
“Le stelle cadono sopra di noi,/ sono occhi luminosi,/ attenti osservatori delle cose del mondo. […] Piccole lucciole celesti,/ sentinelle maliziose in viaggio/ per le strade dell’universo.” (da “San Lorenzo”)
Pubblicata nel 2008 dall’editore Il Filo, la raccolta della Chessa dona al lettore quella buona poesia che s’incammina lungo la propria pacata linearità, ma che spesso, attraverso parole che si fanno fulminee immagini, non gli risparmia improvvisi scossoni né inattesi tremori d’anima, come quando si spalanca d’un tratto una ferita taciuta e ci si ferma a pensare. E allora sì che anche il silenzio riesce a parlare.
“Una moneta cade/ sul palmo aperto, in attesa,/ senza rumore.” (da “Richiesta”)
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Commenti
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Complimenti.
Sai, un tempo io leggevo troppo libri di poesia, ma negli ultimi anni ho preso l'abitudine di leggerli con regolarità e mi piace anche scoprire nuove voci poetiche. Prova anche tu ad avvicinarti alla poesia! :)
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