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Il forse è d’obbligo
se mi chiedi un per sempre
ti rispondo forse
se (anche) il tuo infinito
è di tanti piccoli forse
potrei scegliere di camminarti
accanto. Forse
All’inizio del libro, prima ancora della eccellente prefazione di Davide Rondoni, ci sono questi sei versi, un’introduzione dell’autore alla sua opera, che già sono esplicativi della finalità dell’opera stessa, di questa indeterminazione che da sempre accompagna ogni essere umano nel corso di una vita la cui unica certezza è che non sarà eterna. Anche le precedenti sillogi di Angela Caccia non sono meri esercizi poetici, ma riflettono una continua analisi filosofica che coinvolge soprattutto il proprio “io”, ma che inevitabilmente si estende agli altri (e gli altri, non sono forse un complesso di tanti “io”, pur nella loro diversità?). In questa raccolta, forse più che in altre, la trasposizione delle riflessioni in versi è quanto mai varia e scandita con un ritmo pacatamente costante. Nulla viene gridato, ma nemmeno sussurrato, è un canto lento e assorto che qualsiasi orecchio può udire, che qualsiasi mente può comprendere. E’ solo così, infatti, che le mille incertezze, i perduranti e affioranti dubbi possono trovare una letterale forma e costituire la base di quell’ideale dialogo che si svolge fra poeta e lettore. La parola è l’unica certezza dell’autore e questa appare ricercata, non frutto di un istinto, bensì il risultato di un laborioso percorso con cui ciò che è nell’animo viene esplicitato per una maggiore e più coerente conoscenza.
La vita, nei suoi eventi, impone, in chi non si ferma a una loro supina accettazione, una ricerca approfondita per arrivare a chiarimenti, forse, però...
Il senso del giorno, l’esistenza della notte, la vita, la morte, sono fatti ricorrenti, ma anche grandi temi su cui tanti hanno ragionato per cercare i motivi, gli scopi, giungendo anche a delle risposte, ovviamente non certe, cioè può essere così, oppure, forse, tutt’altro. Queste riflessioni già non sono facili da esporre in prosa, immaginiamoci allora in poesia, ma ancora una volta ricorre quel “forse”, perché per Angela Caccia sembra molto più facile la seconda forma.
No, non sono in verità piccoli, questi forse, perché tutto ciò che è parte dell’esistenza appare infinitamente grande, proprio perché non sappiamo perché sia così; piccolo, forse, lo è nella misura in cui, essendo comune a tutti, non ha quell’evidenza di eccezionalità propria di altri. In fin dei conti nulla vi è di grande, né di piccolo nei temi oggetto di queste approfondite riflessioni, c’è solo la vita, nei suoi variegati aspetti, c’è solo il bisogno di una conoscenza a cui ci sforziamo di arrivare inutilmente, o a cui crediamo di arrivare, ma sempre con quel ricorrente e indifferente “forse”.
Piccoli forse è un’altra tappa della ricerca poetica di Angela Caccia, è un’altra raccolta che merita di essere letta.
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