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Luce all'intero
 
Luce all'intero 2008-12-08 10:08:00 Fabio Barcellandi
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Fabio Barcellandi Opinione inserita da Fabio Barcellandi    08 Dicembre, 2008
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Luce all'intero

"Verso non me." Verso qualcun altro? Verso qualcos’altro? Non verso di me? Verso che non sono io? Verso non mio?
Domande senza risposte? Ci prova Franco Tutino, al suo esordio editoriale, a fare luce, a portare la sua "Luce all’intero".

"Un viaggio che allontani, che riporti,
un viaggio verso nostri porti:
che possa illuminare l’esistenza,
e i troppi giorni senza."

Più che una risposta (che pure ci sarà per chi saprà leggerla), Franco Tutino propone un metodo per fare "Luce all’intero", un metodo che prevede un allontanamento, un prendere le distanze (un estraniamento? nient’affatto) che permetta di poter guardare all’accecante vastità, ampiezza, immensità dell’intero, vedendolo infine, o meglio, permettendogli di illuminarci, di illuminare la nostra esistenza, il suo senso soprattutto, per "i troppi giorni senza."
Un viaggio che subito si trasfigura nelle parole del poeta,

"Ritorna primavera,
torna ai fiori,
ed io dalla mia sera
torno fuori."

che già è un’andata e un ritorno e il suo contrario, un tornare fuori.

"Dovrei mettere a posto questa vita
Fermandomi, smontando, costruendo;
ma lo farò quando sarà finita,
intanto io continuo correndo."

eppure

"Sento guarire più di poesia
che non di prescrizioni regolari
ricette per non vivere con sé."

Si sa, il poeta è un “fingitore”, lo dice bene Fernando Pessoa, ma non è un fingere che attiene alla menzogna, quanto piuttosto alla fiction (che nulla ha a che vedere con la “realtà” televisiva), alla rappresentazione dei sentimenti, di tutti i sentimenti umani, compresi quelli in apparente aperto contrasto fra di loro.

"Ho voglia d’incontrare tenerezza
e farmi raccontare allontanando."

"Meravigliosi amori, amori tanti,
per esser nuovi, uscire dalle mura."

e quindi

"Tu sei la profondissima emozione
Che dà luce all’intero, lo compone."

"Leggo, volgendo a me, poesie d’amore
e torno indietro, a storia già vissuta.
Fu muta, senza versi – non poteva –
troppo dolore mi aveva stretto, chiuso.

Ora saprei trovare altre parole,
ma solo vuoto avrei se andassi tu."

Andare, venire, ritornare, fermarsi, partire, restare, nell’apparente incongruità degli atteggiamenti, del senso, ecco che un senso comincia a farsi strada, la vista. Franco Tutino utilizza le sue parole, i suoi versi brevi come flash da puntare sull’intero per coglierlo, sfaccettatura per sfaccettatura, tessera per tessera e come un puzzle ricomporlo.

"Carezze di parole.
Bastano, sole,
a farti leggere me.
Ed io a scoprirti."

"Troppe vite sono giunte alla mia porta
Perché io possa sceglierne una sola.
Ed il cuore a ognuna vola."

Confusione? Incertezza? Dubbio? Per niente, c’è finalmente comprensione, ma soprattutto accettazione, l’intero, l’integro, immenso uomo si scopre umano, profondamente e l’apparente debolezza della nuova condizione non è che la sua maggior forza - e quanto maggior forza e grandezza e, quasi, “divinità” nell’essere umano!

"Lo specchio mi rimanda l’apparenza,
appartenenza ai miei vissuti anni.
Tratti cambiati, stesso sguardo intenso,
pronto al sorriso, a contrastare chi
mi assale in sé convinto.

Non sono vinto, non sento di temere
sembianze in cambiamento,
né vane posizioni mie esteriori
che posso non più avere.

Veri dolori ho avuto, altri vivrei
per miei o altrui abbandoni: e
desideri assenti, e passi rifugiati
verso non me."

Così si chiude la prima parte di questa affascinante e raffinata raccolta: "Apro confine", che più che altro è un “varco confine”, a cui seguono "Poesie con mia madre" e la tanto attesa "Luce all’intero", sezioni che danno la misura della nuova ritrovata dimensione umana e in cui il verso pure… vola:

"Poesie con mia madre":

"A chi racconterò dentro di me
trovando le risposte e la tua voce
quando nei miei pensieri solamente
potrai tornare, essere a me voce?"

"Non posso viver solo di ricordi,
voglio la vita che non so scordare."

"Luce all’intero":

"Dovrò tornare indietro, verso il meno
di questo mondo che mi chiede tutto:
così che io di me conosca almeno
quello che sento, fiore del mio frutto."

"Ed io nulla saprei, né fare nulla,
se povero restassi di chi amo."

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