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Canti celtici
 
Canti celtici 2008-08-31 18:58:22 Mela Mondì
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Contenuto 
 
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Opinione inserita da Mela Mondì    31 Agosto, 2008

Quando è poesia

“Se quando leggo un libro,ho l’impressione che mi si scoperchi il cranio,allora so che quella è poesia. E’ l’unico modo che io conosca di avvertirne la presenza.” Così diceva Emily Dickinson e questa è l’impressione che ha suscitato in me la lettura dei “Canti Celtici” di Renzo Montagnoli

Poesia istintiva ed immediata,grappoli di parole scritte quasi con la segreta speranza di trovarne un giorno alcune magiche in cui fondere versi come

”solo silenzio,”nel buio assoluto”, “nel tempo ormai finito.” per ascendere alle vette del’arte.



Non si può in tale contesto affermare che Montagnoli neghi alla sua poesia la concretezza ,quella concretezza che richiama alla mente il mito di Anteo, invincibile fino a quando rimaneva a contatto con sua madre,la Terra.

“zoccoli di cavalli”,”mantelli di ragnatele”,”un piccolo scavo”….

Questo contatto con la Terra permette al poeta di comunicare la profondità del suo sentire, il senso di appartenenza alle radici che non è sprovveduta intuizione dei sensi ma un dare all’esperienza quotidiana, nell’ambito del binomio kantiano spazio tempo,una passionale consistenza corporea.



“Sciolti i capelli,

scosso il capo,

in riflessi ondulati di luce.”



Il poeta si muove sempre entro i limiti della sua anima nella quale il passato ed il futuro,la memoria e la curiosità si fanno domanda ”come sarà….fra mille anni?” diventando i poli di una dialettica infinita, a volte corrosiva del presente, dello “esistere qui e ora”, se “in mezzo” non scorresse “lento il fiume” eracliteo che trascina le sue acque verso il luogo del riposo.

Così egli gioca con il tempo facendo della memoria quel serbatoio di eternità che spiega il futuro e non si accorge che il suo presente è nei disegni della poesia celtica,nei ricordi che si fanno pensieri mentre il cuore si gonfia di nostalgia.

Cuore e mente si ergono a testimoni del presente. Ed allora i versi diventano inni alla vita che pulsa nell’amore.

L’amore non ha orologio ,né calendario. Esso può anche svanire al canto del gallo lasciando al fondo dell’acqua che scorre “uno spesso strato di limo”,la “ninfa” può svanire come nebulosa illusione ma l’amore resta l’unico eterno presente perché esso è un “sentimento senza tempo”,”un incontro che non vuol terminare”.

In questo sillogistico gioco con il tempo forse il poeta vuole dirci che il presente è amore, ma se l’amore è eterno ,il presente è l’eternità.

Tra “fatti d’arme”, “barbe irsute”, “occhi iniettati di sangue”, tra l’autenticità dell’ispirazione e l’incanto della nostalgia il poeta cerca qualcosa che lo obbliga ad analizzare le azioni compiute con uno”esprit de finesse” che andando “oltre ogni logica” suscitano l’inquietudine della ricerca che ci costringe a pensare con lui”come sarà il futuro?” la cui risposta il poeta la trova soltanto nel passato. Forse il poeta,come l’uomo di oggi,cerca nel passato una risposta alle domande su chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo



Se la ricerca di Montagnoli, tra elegia e riflessione, potrà farci ricordare che il “vello d’oro” ha la sua sede nel passato quando gli Dei si sono umiliati fino a farsi creature terrene che soffrono,sognano,si illudono credo che i “Canti Celtici” abbiano realizzato la loro mission.

Ma il presente? E’ forse il luogo ed il tempo dell’esilio, delle chitarre mute?

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