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Canti celtici
 
Canti celtici 2007-10-22 13:09:54 Fattore
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
Fattore Opinione inserita da Fattore    22 Ottobre, 2007
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Passato e presente

Il respiro è pagano. I versi s’aggirano nostalgici intorno alle statue degli antichi dei, ne blandiscono le sembianze umane, gonfi di rimpianto per l’umanità che accendeva quelle forme divine. Nella poesia-preghiera AL DIO MORENTE i versi enumerano i contrasti tra i Dei e l’unico Dio: “Scivolavi, allora, nel letto d’argilla, / riposavi le ore del buio, / ti assopivi insieme a noi.” Mentre il Dio che verrà è “un’immagine vuota / di cui non udirò il respiro, / né potrò toccare.” L’intangibilità divina è un postulato che soddisfa il filosofo o il teologo, il poeta, divinatore d’altri mondi, sente il bisogno d’un contatto carnale col creatore.

Ogni poesia ha la forza di ricreare mondi in cui il lettore può trovare suggestive sensazioni evocatrici di propri latenti stati d’animo. Queste poesie fanno rivivere i riti, i costumi e le divinità di un popolo dedito alla caccia più che alla pastorizia: i Celti, abitanti la pianura padana, terra del poeta. Risaltano nei versi i guerrieri orgogliosi, le scene di battaglie, la cruenta ferocia: “Scendevano la valle, / un’orda selvaggia, / le barbe irsute, / gli occhi iniettati di sangue.” (Da LA GUERRA). Ma anche l’intimo incanto di famiglie raccolte “Fra le ombre del fuoco / che lento si spegne nel camino / l’ascolto della voce del nonno / che racconta storie e leggende / di un tempo che fu.” (Da LA FAMIGLIA). Riviviamo usanze ed esistenze, come in un’epopea, che tuttavia predilige atmosfere brumose ed umide penombre. C’è poco sole in queste poesie, pochi svolazzi d’uccelli; abbondano invece le acque col loro scorrere notturno fra salici e canneti agitati da un vento “che scende dal nord”, fra “voci smorzate, / il tono sommesso, / quasi una preghiera / rivolta a Dei ormai sordi.”

La poesia che qui si legge ha toni smorzati, per ripetere le parole del poeta, evocatrice di un mondo perduto, rivisitato con quieto rimpianto e sentito in contrasto col mondo moderno rumoroso e caotico, “senza memoria”. E’ una poesia da godere così come si gode lo scorrere placido di un fiume in una notte di luna, fra canneti e armonie soffuse.



Luigi Panzardi

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