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Il mondo negli occhi del poeta
Nel Poeta è sempre presente una solitudine interiore che lo spinge a comunicare con gli altri tramite i versi. E’ un secondo io, sempre presente, ma che in momenti di particolare tensione emotiva trova un suo sfogo guidando la mano a comporre riflessioni, urla di sdegno, silenzi che parlano più di qualsiasi voce.
Ritroviamo questo pathos anche nella raccolta poetica di Luigi Panzardi, caratterizzata da una quarantina di liriche dalle tematiche più disparate, dall’osservazione della natura alla dolorosa immagine dei diseredati.
In ogni caso è sempre presente la consapevolezza della caducità della vita, della conclusione di un ciclo con la morte, un evento accettato con una rassegnazione stanca.
Al di fuori di canoni stilistici ben precisi, si può far rientrare tuttavia questo modo di poetare nel post-ermetismo, riprendendo da quest’ultimo alcune caratteristiche che impongono al lettore un’attenta lettura e rilettura, onde comprendere, peraltro senza soverchie difficoltà, il senso del messaggio.
Aggiungo che c’è una costante linearità dell’esposizione, a volte accompagnata da incisi in funzione rafforzativa, in una stesura dal lessico non complesso, quasi comune, che non impedisce tuttavia il raggiungimento di un’armonia semplice, ma funzionale.
Valga un esempio per tutti quella che, a mio parere, è la lirica più riuscita, dove il contrasto fra il desiderio di una donna emarginata e la realtà del mondo è espresso senza enfasi, e proprio per questo induce a una più ampia e serena riflessione.
Davanti allo specchio di una vetrina
Paralizzata, guarda la vetrina,
gode per la lussuria dei colori esposta.
Un fragore di luci bianche
avvolge il nero vestito di seta giacente,
imperlato, come un cielo gremito di stelle.
Raspa con le mani il vuoto della borsetta,
ha l’animo agghiacciato dalla fame,
ha il cuore dentro che urla stupito,
chiede di sapere perché non può
correre sull’azzurro del mare.
Alle spalle il fiume gonfio e lento sta,
della folla di uomini e macchine,
scorre sullo schermo a due dimensioni:
una è ricchezza, l’altra è povertà.
Ecco, in questi versi c’è tutto lo sdegno per un mondo che accetta solo se stesso, c’è il naturale desiderio, il sogno di una donna per un abito che non può comprare, con quella mano che inconsciamente cerca quello che non c’è nella borsetta. Come tutti i sogni lo scontro con la realtà impone la domanda del perché altri sì e lei no.
E la risposta è nell’ultima quartina, con quel fiume di un’altra umanità che scorre insensibile, lasciando sulle sponde chi non può percorrerlo.
Basterebbe questa lirica a dare valore a una raccolta che ne presenta altre di significativo rilevo.
Indicazioni utili
Canti celtici, di Renzo Montagnoli.