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Canti celtici
 
Canti celtici 2007-10-18 18:55:04 Cristina Bove
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4.8
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4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
Cristina Bove Opinione inserita da Cristina Bove    18 Ottobre, 2007
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Un'opera sinfonica

Nel suono di un’ arpa ho letto i “Canti celtici” di Renzo Montagnoli, vibranti della stessa intensa musicalità.

E’ l’anima del poeta che risuona in una sorta di incantamento, attraverso le voci che Renzo riesce a dare ai personaggi di un antico mondo affascinante, pervaso di mistero.

Ciò che il poeta riesce a comunicare con i suoi versi ricchi di lirismo e carica emotiva, travalica lo spazio ed il tempo, trasporta su ali di pura poesia.

Già dal primo canto si viene catturati dagli arpeggi che sembrano provenire dalle parole…

“Guerrieri sull’ acqua” evoca un paese notturno popolato di elfi e silfidi.

“Il lungo fiume” con la sua malinconica rassegnazione all’oltraggio di questa nostra attuale, cosiddetta, civiltà, ci sorprende assorti nel suo fluire.

“La fonte amica” è una vera fonte di rapimento, quasi ci si può specchiare nella luce del plenilunio, quasi vi ci si può immergere.

E come non restare ammaliati da “In mezzo scorre il fiume”?, La figura risaltante, che parla in prima persona, partecipe della natura, consapevole del breve arco che si percorre vivendo. Bellissima la chiusa.

“Il mormorio del vento” così evocativa, “…erano genti che calcavano quest’ umida terra…Non uomini, oggi, ma spettri.” Anche qui splendida chiusa.

E che dire della suggestiva, in qualche maniera visiva, “La ninfa del lago”? Si rimane in attesa, sperando nella fantastica, possibile riapparizione all’alba…”che già si annunciava con frecce di luce”.

“Musica e polvere”, qui Renzo riesce letteralmente a trascinarci nello scorrere del tempo, che tutto sgretola fino alla chiusa, formidabile, come tutte le altre di questo immaginifico poeta.

“Posteri già nati senza memoria” è addirittura una raffica che coglie in pieno petto. E un senso di smarrimento pervade, con rassegnata malinconia, di fronte alla ineluttabile cancellazione delle umane radici.

“Eternità“ senza memoria, riflesso di un pensiero che abbraccia secoli e che, malgrado la polvere di ogni fine, non può che arrendersi alla forza dell’ amore che supera anche il tempo.

“Al Dio morente”, è una descrizione precisa e dolente di quella perdita di numi che, secoli addietro, erano percepiti vicini, a fare da tramite fra gli uomini e la natura, nei cicli ricorrenti e ineludibili della vita sulla terra, mentre oggi ci vede sempre più distanti, proni davanti a un Dio che abita i cieli ma nemmeno sa della nostra esistenza.

”Il Testamento” è un’ altra sentita e sottile interpretazione del poeta, è quasi scandita con i tempi del teatro tragico greco, immette nel monologo interiore dell’ uomo smarrito e impotente rispetto al mistero.

“Polvere”, e “Il futuro nel passato”, offrono, nell’ ossimorica visione, una scia di sogno, di nostalgica memoria.

La musica continua, con “Il sogno del vecchio”, per

“…Una cavalcata, l’ ultima, per un saluto,

un definitivo commiato,

mentre cessa del tutto il vento del tempo.

Ancor domani sorgerà il sole,

per altri riprenderà il cammino

per dove il vecchio è alfine arrivato.”

Qui finisce la musica e la lettura, ma si è ancora rapiti dalle pagine appena finite di leggere, non si riesce ad abbandonare la fatata atmosfera lunare, stillante di parole che fluiscono con l’ acqua.

La poesia di Renzo Montagnoli è contagiosa, ci si ammala di voglia di leggerne ancora, e se ne porta dentro, per sempre, l’ eco sospesa e sognante.

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