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Il valore del lavoro per uno scopo comune
Virgilio si è ormai imposto come autore di grande pregio con le Bucoliche e ha l’opportunità di conoscere Mecenate, di origine etrusca, ricco, ascoltato consigliere di Augusto, aperto alle arti e alle idee, protettore di numerosi artisti di rango. Entra subito nel suo giro e ha così modo di conoscere Ottaviano, che solo dopo la battaglia di Azio, sconfitto Antonio, potrà formalmente concretizzare l’idea di uno stato con Roma imperiale.
Le guerre civili hanno lasciato pesanti strascichi di carattere economico, con le campagne abbandonate, anche perché l’incertezza che ha dominato sovrana per anni incuteva, giustamente, grossi timori negli agricoltori, poco propensi a coltivare una terra che poteva loro essere strappata da un momento all’altro.
La riorganizzazione dello stato non può prescindere dalla soluzione, ormai indifferibile, degli approvvigionamenti alimentari e quindi Augusto deve ridare fiducia a chi coltiva la terra, avviando una vasta campagna, che si potrebbe definire pubblicitaria, imperniata soprattutto sul valore del lavoro dei campi, non disgiunto dall’apprendimento di tecniche di coltura, quasi dimenticate in quegli anni di sangue, paure e incertezze.
E’ così che Mecenate propone a Virgilio di scrivere un poema didattico e il poeta mantovano accetta alle condizioni che non gli vengano posti inderogabili limiti di tempo e che possa mantenere una certa indipendenza, di modo che l’opera non sia esclusivamente didascalica, ma anche letteraria.
Nascono così le Georgiche, un lavoro in 4 libri per complessivi 2.183 esametri, forma metrica idonea a un poema epico-didascalico.
Il risultato è stupefacente e Virgilio, grazie al suo genio, travalica i suggerimenti di Mecenate, con una visione dell’umanità indubbiamente asservita al potere imperante, ma comunque del tutto universale, una comunità dagli stretti legami, laboriosa, rivolta solo al bene comune, proprio come le api dell’alveare.
Ottaviano ne fu addirittura estasiato, perché il poeta mantovano aveva scritto un’opera perfetta, non solo sotto l’aspetto stilistico, ma anche perché aveva capito perfettamente l’essenza della politica del primo imperatore ed era riuscito a tradurla in lettere in modo del tutto accattivante e comprensibile.
Del resto le Georgiche, a differenza delle Bucoliche in cui la vita è di pura fantasia, parlano di un mondo reale, e benché la creatività dell’autore lo abbia aiutato nella stupenda descrizione dei paesaggi, si avverte in modo incontrovertibile che questa era frutto di un’osservazione diretta degli stessi.
La circostanza non è strana, se consideriamo l’origine celtica di Virgilio, con tutti gli influssi che ne derivano e con una visione di animali e di piante, considerati del tutto simili all’uomo, con sentimenti analoghi.
Le Georgiche sono un altro capolavoro e quindi la lettura è vivamente raccomandata.