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Un’esplosione magmatica senza clamore
Cos’è la poesia, se non un’intima confessione di quanto il nostro “io”, rapportandosi con il mondo intorno e con l’esistenza, elabora scientemente e, soprattutto, inconsciamente?
La poesia non è versi ritmati, magari piacevoli, ma vuote parole; no, la poesia è un urlo silenzioso che squarcia un buio fatto di grigiore quotidiano, di assopimenti e frenesie incontrollate, è riflessione scaturita da un’idea, da un’emozione, da un sentimento.
E’ anche scoperta di noi stessi, resa nota agli altri; è solitudine che invano si cerca di spezzare, è gioia sempre temperata da quella malinconia di fondo che riviene dalla consapevolezza che nessuno potrà mai comprendere completamente che cosa si celi dietro quei versi.
Ed è poeta chi cerca di comprendere gli altri scavando in se stesso, chi piega la testa senza spezzarla, colui che insegue un sogno che sa che non potrà avverarsi.
Carla De Angelis, con questa silloge che evoca spazi siderali, ripercorre invece un mondo terrestre, nell’ottica di una trascendenza venata da una tenue, ma sempre presente malinconia.
Fra ciò che è e ciò che il suo io avverte non esiste differenza se non quella sensazione, spesso inconsapevole, che conduce a una visione prospettica della realtà, che non è fatta solo da materia e da eventi, ma è costituita anche da ciò che incide sull’animo del poeta (Invece di morire / traghetto parole / fino a farne una culla / per le mie ferite /….). E’ un dolore reale, ma avvertito solo all’interno e i versi sono lo sfogo, il risultato di un magmatico confronto intimo che esplode senza clamore.
E in fondo Carla De Angelis riesce in questo modo ad accendere nel lettore il desiderio di confrontarsi, di iniziare quel percorso intimo che solo può avvicinarlo alla conoscenza di se stesso, per comprendere meglio, per essere parte consapevole di quella realtà così diversa quanti sono quelli che l’osservano (Tra le mani nuvole e sole / pianto e sorriso / Un solo gesto per placare l’ansia / un solo tocco per la scintilla).
Noi non siamo artefici di noi stessi, ma la riscoperta di ciò che siamo è l’unico traguardo umanamente possibile e a ciò possiamo arrivare soprattutto grazie alla poesia, anche a quella di questa riuscita e piacevole silloge.