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Finestre e balconi
 
Finestre e balconi 2010-05-26 06:46:33 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    26 Mag, 2010
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La disperazione di esistere

Già il titolo, con quel fiorire di aperture, più o meno ampie, sui muri di palazzi evoca vie di fuga, ma anche di contatto, dalle realtà opprimenti di una società che sembra aver smarrito i più elementari, nonché primordiali, concetti di esistenza.
La visione del mondo che ha l’autore non è pessimista, o di rigetto, ma drasticamente di chiusura, nella consapevolezza che il farne parte non dipende da lui, presente nella materialità corporea, ma non partecipe, membro di un consesso senza alcuna volontà di esserlo.
Per quanto questo libro si componga di più raccolte, con tematiche e modi espressivi anche diversi, spaziando dal verso libero al sonetto, inscindibile appare il pathos che ha condotto la mano alla scrittura.
Il risultato può essere un grido lancinante come in Sonetti di guerra, oppure una desolata rassegnazione come in Smarrimenti urbani, ma la filosofia del poeta è sempre la stessa, una disillusione che tende a svellere dal suo ruolo abituale la materia inerte, la carne, carrozzeria del corpo, per permettere all’IO di subentrare nella realtà di ogni giorno, contestandola, rifiutandola, una voce forte lanciata all’umanità da una finestra o da un balcone, un lamento per una vita non più accettata e dalla quale c’è la disperata ricerca di una via d’uscita, nel presupposto, logico, che debba essere necessariamente condivisibile.
Così l’identificazione dell’uomo Panzardi con il poeta Panzardi non è più solo un artificio, una finzione che artisticamente serva allo scopo di rappresentare un pensiero, bensì è uno sfogo e al tempo stesso un ritratto impietoso della propria inquietudine, che poi è quella di un’umanità sempre più confusa, vagante senza meta nella nebbia, perché ormai priva di quel senso di orientamento interiore costituito da valori di cui si è persa la memoria.
Finestre e balconi sul mondo e dal mondo, squarci sulla propria anima sbigottita, ma soprattutto un grido forte, intenso, benché silenzioso, quasi l’urlo di Munch si potrebbe dire, una disperata rassegnazione per una vita che poco a poco perde il suo ieri, non s’accorge dell’oggi e ignora cosa sia il domani.

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