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Getta a terra quei punti di sospensione, Patrick!
Dopo un primo capitolo promettente ed un secondo ancor più promettente, sono approdata alla conclusione di Chaos Walking aspettandomi una lettura valida, ma sempre con il timore di venire delusa da come Ness avrebbe deciso di terminare la serie. Pur non liberandosi mai del tutto dai difetti che hanno caratterizzato questa trilogia, penso che "Chaos. La guerra" abbia saputo mettere dignitosamente la parola fine alla storia di Todd Hewitt. Magari non proprio la parola fine, ma andiamo per gradi.
Come nello stacco tra i primi due libri, la narrazione si ricollega direttamente all'epilogo di "Chaos. Il nemico", con le tre fazioni pronte ad entrare in guerra ed il ricognitore dei nuovi coloni appena atterrato su Mondo Nuovo con un arsenale in grado di spostare gli equilibri del potere. Di facciata, ogni leader sembra determinato a raggiungere la pace, ma alle proprie condizioni e senza tenere in alcuna considerazione le eventuali perdite di vite; in questo scenario incerto, Todd e Viola cercano di fare del proprio meglio per evitare la catastrofe e potersi finalmente riunire. Ai loro POV si aggiunge una terza voce, ossia quella dello Spackle identificato con la banda numero 1017.
Quest'ulteriore aggiunta ai POV attraverso i quali vediamo svilupparsi la storia rientra senza dubbio tra i punti a favore del romanzo: la voce associata a 1017 si discosta parecchio dalle altre due, risultando decisamente riconoscibile ed affascinante, perché riflette il suo modo unico di pensare. In questo terzo capitolo mi sono piaciuti molto anche lo sviluppo interessante dato ai rapporti di Todd con Viola e con il Sindaco e la buona (ed abbastanza matura) gestione delle dinamiche di potere, grazie alle quali vediamo cambiare in modo drastico i ruoli dei personaggi nel corso del volume.
Il cuore di questo libro è però nel conflitto: tra la Discordia umana e la moltitudine della Terra, tra l'armata del Sindaco e i terroristi dell'Assalto, e tra i singoli personaggi; che si tratti di uno scontro di dimensioni abnormi o un contrasto di vedute tra allievo e maestro, tutte queste battaglie vengono analizzate riflettendo sulle diverse motivazioni che le hanno generate, senza dare per giusta una fazione da principio. In questo contesto, mostrano il meglio di sé i dialoghi, che permettono degli ottimi confronti, spesso anche sul piano emotivo; inoltre sono presenti diversi monologhi interessanti, come quello fatto da Viola ai soldati sulla collina in uno degli ultimi capitoli.
Purtroppo neppure in questo libro la serie riesce ad emanciparsi dal suo ritmo frenetico, né dalla propensione di Ness per scrivere dei colpi di scena che non stupiscono nessuno. Personalmente ho trovato poi un po' noiose la ripetitività di alcune scene (un po' di editing in più avrebbe giovato al romanzo in generale!) e la decisione di chiudere quasi tutti i paragrafi con delle frasi drammatiche ad effetto; il tutto per creare della tensione che però nel concreto si risolve da sola in un paio di pagine al massimo. L'epilogo è un altro aspetto sul quale ho diverse riserve, più che altro soggettive, temo: un paio di eventi chiave mi sono sembrati poco verosimili, e questo ha minato un po' il mio coinvolgimento emotivo.
Rispetto ai volumi precedenti, trovo che i nuovi personaggi introdotti qui non siano stati approfonditi a sufficienza, infatti nessuno di loro rientra tra i miei preferiti della trilogia. Un dettaglio che invece non sono sicura si sia palesato soltanto in quest'ultimo libro o se fosse presente dall'inizio e io non l'abbia mai notato è l'utilizzo smodato dei punti di sospensione: si arriva ad avere pagine intere nelle quali ogni singola frase termina con tre puntini! Patrick caro, c'è un limite tra il voler trasmettere la tensione nella prosa e il mitragliare il foglio a caso, e quel confine penso tu l'abbia saltato a piè pari.