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Ci vuole un cimitero per allevare un bambini
Con "Il figlio del cimitero", Neil Gaiman si cimenta in un romanzo di formazione mascherato da avventura fantastica, e quasi horror; e devo dire che si possono notare diverse analogie con "Coraline", altro suo titolo rivolto ad un pubblico giovane.
La narrazione ci permette di seguire l'infanzia e l'adolescenza di Nobody "Bod" Owens, un ragazzino che vive nel vecchio cimitero da quando, poco più che neonato, è scampato allo sterminio della sua famiglia ad opera di un misterioso assassino determinato a portare a termine il lavoro prima o poi. Bod viene adottato da una coppia di fantasmi -i signori Owens, per l'appunto- e, più in generale, da tutti gli spiriti che popolano il cimitero e diventano in breve la sua famiglia.
In una storia ispirata da "Il libro della giungla" di Rudyard Kipling -a detta dell'autore- ma che ricorda una versione molto ridotta della saga potteriana, un luogo angosciante come il cimitero si trasforma nell'unico posto sicuro per il piccolo Bod; questa sorta di rovesciamento dei ruoli colpisce anche i personaggi, infatti troviamo un gruppo di mostri iconici determinati a difendere il bambino, mentre la parte degli antagonisti viene associata agli uomini.
Per l'ennesima volta, Gaiman ci trasporta in un mondo fantastico e ricco di folklore; il lettore lo scopre pian piano attraverso gli occhi di Bod, che all'inizio ne è altrettanto estraneo. Questa intrigante ambientazione non è il solo punto a favore della lettura: abbiamo un protagonista sfaccettato nella sua caratterizzazione -capace di azioni coraggiose, ma dotato anche di un lato oscuro-, parecchi momenti genuinamente toccanti (in particolare, ho adorato la scena in cui viene realizzata la lapide per Liza) e un umorismo un po' noir che, tra epitaffi inusuali e battute su funerali e affini, strappa più di una risata.
Secondo me, ci sono state purtroppo un paio di scelte infelici nella stesura della trama. Visto il legame che li unisce, avrei trovato opportuno inserire più scene di interazione tra Bod e i signori Owens, mentre è chiaro fin da subito che la sua figura di riferimento sia rappresentata da Silas; non mi ha convinto il modo in cui viene narrata la lotta tra la Guardia d'Onore e la Confraternita, perché da un lato è troppo frammentaria se si vuole seguire con attenzione tutti gli avvenimenti, e dall'altro poteva quasi essere sostituita dal solo resoconto di Silas a fine volume. Discutibile anche il sistema magico, che sembra funzionare in base all'allenamento, ma è privo di regole chiare.
Nonostante queste piccole critiche, devo ammettere che Gaiman è riuscito ancora una volta a trasportarmi in un mondo quasi magico, e a stupirmi con una trama semplice ma capace di svolte inaspettate.