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I ragazzi della via Paal
 
I ragazzi della via Paal 2020-05-17 18:27:38 Bruno Izzo
Voto medio 
 
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Bruno Izzo Opinione inserita da Bruno Izzo    17 Mag, 2020
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Giochi di guerra

Me l’hanno chiesto di recente, discutendo di traduzioni letterarie, e di come talora sia difficile trovare buoni testi in italiano tradotti da certe lingue poco diffuse: conosci scrittori ungheresi di chiara fama?
Certo che sì, ho risposto, citando senza esitazioni Edith Bruck e Sandor Marai.
E Ferenc Molnar, no?
Ragazzi, che gaffe! Come ho fatto a non ricordarlo?
Sfido chiunque ad affermare che non conosca la celeberrima opera di quest’autore ungherese, “I ragazzi della via Pal”.
Un romanzo diffusissimo, celebrato in tutto il mondo, considerato un classico della letteratura dell’infanzia, al pari di altri titoli parimenti celebrati, come quelli ad esempio di London o la saga delle sorelle March di Luisa May Alcott.
Ecco, forse è per questo che non mi è venuto in mente.
Dissento su questa classificazione.
Il libro è un bel racconto, appassionante, avvincente, anche ben scritto, sebbene nella prima versione che lessi era tradotto in un italiano antiquato, quindi un po’ troppo pomposo, pesante, che rallentava la dinamica della narrazione.
Tuttavia, ritengo che questo non sia un libro per ragazzi.
Direi che è un libro deleterio per la gioventù.
Riporta pessimi esempi educativi, è un racconto di guerre, di battaglie, di violenze, di sotterfugi e tradimenti, di menzogne e bassezze fisiche e morali.
Pur risalendo a prima dei due conflitti mondiali, è un’elegia, neanche tanto celata, del militarismo più acceso, dello spirito guerriero, pugnante e dedito ad eroismi in nome della patria e della bandiera, che tanti guasti avrebbe prodotto negli anni a venire.
La storia è una cronaca di guerra, è un imitare pedissequamente, da parte di uno sparuto gruppo di ragazzini di varia età ed estrazione sociale, di quanto di peggio possano mostrare gli adulti.
Il testo è ambientato alla periferia di una grande città, e tutta la trama si snoda intorno al contendersi di un grosso spazio di terreno, recintato ma facilmente accessibile, uno di quei grandi spazi della periferia urbana a ridosso della campagna, destinati a futura speculazione edilizia, insomma una sorta di via Gluck ante litteram.
Un terreno spoglio, e però non privo di un certo fascino, vi si trova la casupola del custode, cataste di legame per future costruzioni, e soprattutto un’area vasta e sgombra.
A contendersi questo sito, non sono gruppi d’immobiliaristi d’assalto, volti ad accaparrarselo per dar luogo a una cementificazione selvaggia, tutt'altro, se lo disputano aspramente per i loro giochi gruppi di ragazzini.
Capite bene, un gruppo eterogeneo di giovinetti, ragazzini ancora con i calzoni corti, che anziché dividersi il terreno per giocare tutti insieme appassionatamente, magari cimentandosi in lunghissime ed estenuanti partite di calcio, come farebbero tutti i ragazzini del mondo, organizzandosi in autonomia per squadre e turni di gioco, letteralmente scimmiottano l’arte della guerra.
Si azzuffano tra di loro per il possesso materiale del sito, non solo, ma anche per una presunta superiorità ideale di un gruppo sull'altro, di un bambino su un altro bambino.
Lo fanno pure con tutto il sentimento, con tanto di fortino rudimentale, bandiere, vedette, presentatarm, suddivisione della truppa in graduati, dotazione di lance di legno e bombe di sabbia.
E ancora, spedizioni punitive, servizi di intelligence per scoprire i piani del nemico, torture e punizioni esemplari delle spie, dei codardi e dei traditori, corte marziale, degradazioni, battaglia finale.
È incensato quindi, ma chiaramente, con tanto di squilli di trombe, fanfare e vessilli al vento in giro per il quartiere, tutto quello che fanno normalmente, e periodicamente, gli adulti.
Quasi fosse una prassi normale nel corso di un’esistenza se si vuole farla apparire eroica e affascinante, e non quello che, in effetti, è, un’abietta follia.
Non si tratta assolutamente di un gioco, come si potrebbe presumere, tutt'altro, questa, è letteralmente la rappresentazione di una guerra, anche realmente cruenta come vedremo alla fine.
I piccoli protagonisti, gli adulti del futuro, danno luogo a fenomeni di bullismo, nonnismo, lotte di classe, anche se non se ne avvedono, non se ne rendono conto, non fanno cose belle di cui vantarsi.
Peccano finanche di maschilismo, non esiste una ragazza in questo gruppo di belligeranti, neanche una crocerossina.
Le uniche donne citate sono quelle che, naturalmente casalinghe per tradizione, non sono ovviamente, per motivi anagrafici, le loro mogli e figlie, ma le madri e le sorelle.
Nulla però cambia nel loro ruolo istituzionale, il massimo che gli compete fare è cucire una bandiera per gli eserciti in lotta. La guerra è cosa riservata ai soli maschi.
Volete che una simile lettura possegga intenti pedagogici, come dovrebbe avere un qualsiasi testo per l’infanzia?
Assolutamente! Presenta esempi da non imitare, da aborrire.
Pure, come dicevo, è un bel libro, scritto bene, con personaggi ben delineati, tracciati nelle loro caratteristiche più incisive, con ottime capacità descrittive di luoghi e dinamiche.
Un ottimo libro, riservato però prioritariamente agli adulti, perché riflettano sulla propria stupidità.
Ecco, a mio parere, per restituirgli una valenza morale, dovremmo partire dalle ultime righe, quando il capo dell’esercito vittorioso, dopo l’omaggio ai combattenti e ai caduti, e la fine delle ostilità e l’armistizio con la fazione sconfitta, si reca a visitare il suolo definitivamente conquistato, restando spiazzato.
Infatti, nessuno più giocherà su quel campo, vincitori e vinti restano con un pugno di mosche, il proprietario del terreno di lì a poco farà costruire un palazzo.
Tutto è stato inutile, come sempre sono inutili tutte le guerre.
Si capisce solo quando è troppo tardi, quando gli eventi dolorosi sono già avvenuti, quando già sono cadute le vittime innocenti.
Sono sempre i più buoni a pagare il prezzo più salato della guerra.
“…Giovanni Boka guardava fisso davanti a sé: e, per la prima volta, la sua anima di fanciullo intuì quel che è veramente la vita, per la quale noi, suoi schiavi ora tristi ora lieti, lottiamo."
Ecco, possiamo ripartire da qui, da queste righe finali.
Leggere insieme ai nostri ragazzi questo libro, facendogli capire che devono agire esattamente all'inverso di quanto il libro esalta. Non alla guerra, ma alla vita va riservato l’onore delle armi.
Armi che si chiamano rispetto, solidarietà, amicizia, lealtà.
Sono armi deflagranti, sono valori. Gli unici da seguire, fin da ragazzini.


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I classici per l'infanzia.
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