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Wonder
 
Wonder 2019-02-05 10:26:33 Mian88
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
Mian88 Opinione inserita da Mian88    05 Febbraio, 2019
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Perché l'uomo ha anche un lato buono.

Precetto del signor Browne del mese di maggio: «Fa’ tutto il bene che puoi, utilizzando tutti i mezzi che puoi, in tutti i modi che puoi, in tutti i luoghi in cui puoi, tutte le volte che puoi, a tutta la gente che puoi, per tutto il tempo che riesci (Regola di John Wesley)»

Con i suoi undici anni August Pullman non ha mai frequentato una scuola vera. Il suo aspetto, le sue ventisette operazioni per una brutta malformazione cranio-facciale determinata dalla sindrome di Trecher-Collins con cui è nato, non hanno mai reso facile la sua integrazione in contesti “normali”.
Per detta ragione il giovane uomo ha portato avanti i suoi studi da casa, con un’insegnante d’eccezione: sua madre. Ma adesso è giunto il momento di crescere, di uscire dalla cupola, da quella stanza che è sempre stata sinonimo di luogo sicuro e di accettazione. E così August, detto Auggie, vero e proprio agnello da macello, fa ingresso alla classe della prima media. Le reazioni dei compagni sono quelle preventivate; lo scrutano di sottecchi, lo escludono, lo emarginano, lo ritengono affetto da una sorta di “peste” il cui contagio avviene al solo tocco se non ci si lava subito la parte del corpo contaminata, giocano alla guerra. Eppure, questo primo anno di scuola riserverà per l’adolescente anche sorprese positive. Perché Auggie conoscerà persone straordinarie, scoprirà il valore dell’amicizia, affronterà brutte esperienze, cadrà e si rialzerà, semplicemente crescerà. E lotterà, lotterà come un bambino normale la cui forza più grande è la gentilezza, la bontà. Perché Auggie non è l’essere mostruoso e terrificante che tutti si immaginano, quanto un ragazzino di gran cuore, ironico e autoironico, intelligentissimo, generoso e desideroso di mostrarsi per quel che è e non per quel che appare.
Con la sua cordialità, con la sua educazione, con il suo garbo, con la sua lotta silenziosa egli ci ricorderà che non dobbiamo mai fermarci alle apparenze perché oltre la scorza c’è un universo vero e proprio di emozioni.
“Wonder” con delicatezza solletica le corde più intime del cuore commuovendo, inducendo alla riflessione, invitandoci ad affrontare la vita in modo diverso, con una differente prospettiva, invogliandoci a tirar fuori la parte migliore di noi. Perché un piccolo atto di gentilezza, un sorriso, un gesto altruista, non possono che far bene a noi e a chi ci circonda.
Il tutto con una penna semplice, che si confà all’età dei protagonisti, che alterna voce narrante per consentire una valutazione a 360° di quel che significa avere una malformazione e di quel che significa essere persone esterne ma vicine a chi di questa è affetto.
Piccola curiosità. Nell’opera viene fatto riferimento a un aneddoto che riguardava l’incontro tra il bambino affetto dalla sindrome e altri, di diverse età, all’interno del giardinetto di quartiere. Al sopraggiungere di Auggie, il tempo sembra fermarsi, le persone si paralizzano per poi scattare quasi come se fossero state punte da una vespa, i bambini più piccoli scappano come se avessero visto un orco e quelli più grandi sono comunque colti dal disgusto. Siffatto episodio è realmente accaduto seppur in modo leggermente diverso all’autrice che, trovandosi su una panchina con i suoi due figli, è stata vinta dal panico al sopraggiungere di una ragazzina affetta dalla malattia di Treacher-Collins tanto da alzarsi di scatto e allontanarsi di corsa con prole al seguito. La madre della ragazzina, a quella reazione, semplicemente disse: “Forse è ora di tornare a casa”. Riporto le testuali parole della Palacio: “Mi sono sentita un verme e non sono riuscita a dimenticare questa esperienza”. È da tale vicenda che è nato “Wonder”.

«La grandezza, ha scritto Beecher, non risiede nell’essere forti, ma nel giusto uso che si fa della forza. È il più grande colui la cui forza trascina il maggior numero di cuori…»

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