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La primavera dell'anima
"Quando avete un giardino, avete un futuro", scrive Frances Hodgson Burnett, ma per la piccola Mary Lennox, viziata, scontrosa e antipatica, costretta a lasciare l’India per trasferirsi in Inghilterra dopo la morte dei genitori, avere un giardino significa molto di più. Affidata ad uno zio che non ha mai visto prima, Mary trascorre il tempo ad annoiarsi nella grande dimora di Misselthwait Manor, sperduta nella brughiera dello Yorkshire, finchè non trova una chiave che la conduce ad un misterioso giardino segreto, celato da alte mura nella proprietà dello zio e rimasto abbandonato per dieci anni. Sullo zio, sulla sua cupa dimora e sul giardino segreto grava il peso di un passato doloroso del quale sembrano destinati a non liberarsi mai. Con l’aiuto di Dickon, ragazzo di brughiera con il nasino all’insù, le guance rosse come papaveri, gli occhi tondi e azzurri e un sorriso luminoso, Mary decide di prendersi cura del giardino e all’arrivo della primavera rifioriscono non soltanto rose, bucaneve, crochi, narcisi, papaveri, meli, ciliegi, ma rifiorisce anche la speranza, per Mary, per il malinconico zio Craven e per il piccolo Colin, altro misterioso abitante di Misselthwait Manor, che come Mary ha perso sua madre ed è un bambino infelice e abbandonato a se stesso. Tra le mura del giardino segreto Mary e Colin ritrovano il contatto con la madre terra, arcaico surrogato di figure genitoriali di cui entrambi sono sempre stati drammaticamente privi, e compiono un gioioso percorso di guarigione del corpo e dell’anima. Proprio dalla madre terra scaturisce quella “magia” costantemente presente nei discorsi e nei giochi dei tre bambini e che ha spesso un ruolo di primo piano nei romanzi dell’autrice: la rinascita dell’anima, che fiorisce a nuova vita dopo il buio e la tristezza, proprio come dopo il gelo e la neve dell’inverno arriva la primavera.
Insieme a "La piccola principessa", Frances Hodgson Burnett ci regala un altro meraviglioso romanzo in cui unisce la presenza di temi importanti (l’assenza delle figure genitoriali, la guarigione dal dolore e dalle malattie dell’anima, il superamento del lutto) ad uno stile scorrevole e piacevole e ad avventure leggere. Un romanzo di formazione capace di rivolgersi ai lettori di ogni fascia età, arricchito dalla presenza di elementi dal sapore fiabesco (la “magia” che accompagna i giochi e le avventure dei tre giovani protagonisti, il cupo castello dello zio Craven, il giardino avvolto dal mistero come la nebbia avvolge la brughiera dello Yorkshire, la capacità di Dickon di comunicare con l’ambiente e con gli animali come un benevolo spirito della natura) e dalle splendide descrizioni del giardino segreto, che attraverso “l’incantesimo” della penna dell’autrice diventa così reale da far credere di poterne ammirare, toccare, odorare fiori e piante.
Non a caso "Il giardino segreto" era la lettura prediletta dai giovanissimi soldati di ritorno dalla Prima guerra mondiale, bisognosi di curare le ferite dell’anima quanto quelle del corpo, stregati, forse, da quella stessa “magia” che permea le pagine di questo splendido romanzo e che spinge il malato e infelice Colin a gridare tra le mura del giardino segreto ormai rinato “Vivrò per sempre, per sempre, per sempre!”.
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