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I want some more
Non avevo intenzione di comprare questo libro e, di fatto, non l'ho acquistato (nonostante la saga di Divergent mi sia piaciuta), mi è stato regalato. Narrazioni come questa riportano in auge quel vecchio disguido legato alla conslusione delle saghe, questione che mi vede schierata, seppur a malincuore, sempre dalla stessa parte.
"Four" comprende quattro narrazioni: le prime tre storie ("Trasfazione", "Iniziato", "Figlio") si svolgono due anni prima rispetto alle vicende di Divergent e hanno per protagonista un giovane Tobias Eaton; l'ultima storia, invece, ("Traditore") fa un salto in avanti e corrisponde alla parte centrale di Divergent.
Ho sempre considerato libri come questo delle mere operazioni commerciali volte a battere il ferro finchè è caldo, ed è il motivo per cui raramente li acquisto. Pur essendo una fan sfegatata di Harry Potter, non ho mai neanche considerato la lettura de "Gli animali fantastici" nè de "Le fiabe di Beda il Bardo". Ho letto la saga di "Twilight" ben prima del suo successo commerciale legato ai film (non fucilatemi, nella mia vita ho letto di tutto) e neppure nel caso in cui ne fossi rimasta più entusiasta avrei acquistato il tanto controverso "Midnight sun", il racconto dal punto di vista di Edward che i vecchi fan stanno ancora aspettando (inutilmente).
A favore della Roth giocano comunque alcuni fattori: essendosi concentrata quasi esclusivamente su Tris e avendo concepito la coppia come un legame di due entità che restano comunque separate, di cose da raccontare ne aveva (a differenza della Mayer, che in Twilight aveva letteralmente "fuso insieme" gli innamorati, che finiscono per non esistere l'uno senza l'altra).
La prima parte del romanzo si concentra su ciò che porta Tobias a diventare "Quattro": la violenza del padre che lo spinge ad abbandonare la fazione, le difficoltà dell'iniziazione, le controversie etiche legate alla scelta di un ambiente che sta soffocando i propri pregi in virtù dei propri fatali difetti: spietatezza, ottusità e dunque tendenza a farsi manovrare.
I quattro aggettivi che danno il nome alle storie vanno a coincidere, in un certo senso, con i debiti che questo mondo inventato ha nei confronti della definizione di sè in base ad un unico caratterizzante: abnegante, erudito, intrepido, pacifico, candido.
Tobias si rifiuta di essere inquadrato e, al contempo, tenta disperatamente di autodefinirsi in base ad altri fattori: l'essere il trasfazione che ha tradito le proprie origini per sfuggire al padre, il diventare il più promettente tra gli iniziati, l'incontro con una madre creduta morta che vorrebbe reclutarlo in una guerra a cui non vorrebbe partecipare, l'essere un traditore avendo trasceso le regole.
Sono quattro svolte personali, tre delle quali dettate dagli altri: è Marcus a spingerlo a cambiare fazione col suo atteggiamento; sono gli Intrepidi a volerlo Capofazione; è la madre a volerlo nel suo esercito di esclusi. A tutti, Tobias, rifila un prima incerto e poi sempre deciso NO. Solo la decisione finale è la sua: traditore, perchè segue le proprie inclinazioni piuttosto che farsi manovrare da chicchessia.
Di fatto, la storia raccontata, è quasi inedita. E' una lettura piacevole ma appare priva di trama, impossibilitata com'è a trascendere il carattere episodico che l'ha concepita e di cui, comunque, il lettore viene abbondantemente messo al corrente sin dalla descrizione. L'ultimo racconto si focalizza sui retroscena dell'attacco nel quartiere degli Abneganti. Insomma, ciò che in Divergent si poteva soltanto intuire, dato il POV unico di Tris, qui viene messo in luce e raccontato.
L'epilogo, se così lo si vuole chiamare, presenta altri tre episodi, stavolta tutti concentrati su Quattro e Tris: "Prima a saltare, Tris", "Stai attenta, Tris" e "Sei carina, Tris".
In particolare, è proprio questa la parte che non ho apprezzato. La storia d'amore viene lasciata da parte per quasi tutto il romanzo, eppure la Roth si è vista comunque costretta ad includere queste tre storielle di cinque pagine l'una pur di accontentare il lettore che, evidentemente, acquista il libro solo per rivivere l'emozione di quell'amore. Diciamocelo chiaramente, non credo che importi un fico secco a nessuno della crescita di Tobias, e l'inclusione di queste tre scenette nella storia dimostra che la Roth ne è ben cosciente.
Al lettore che, con lo sguardo da Oliver Twist, dice "I want some more", la Roth sembra rispondere con una punta di compassione: "Lo so che hai comperato questo libro solo per continuare a leggere di Tris e Quattro, ma comprendimi, dovevo raccontare qualcosa di almeno apparentemente nuovo. Comunque, eccoti questo zuccherino. Meglio di niente."
L'antica disputa relativa alle saghe di cui accennavo nell'introduzione è proprio questa: l'incapacità di rassegnarsi al fatto che le storie finiscano e che, quando questo accade, aggiungere altra carne al fuoco, spesso, lascia l'amaro in bocca ancora di più. E' un'accusa annosa, che è nata assieme alle saghe di successo, e che viene troppo spesso rivolta ai lettori.
Io, personalmente, la girerei agli scrittori. Rispettate la parola "Fine" che voi stessi ponete alla fine di un racconto.
Indicazioni utili
- sì
- no