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La sostenibile leggerezza di Will al quadrato
Ho scelto “Will ti presento Will” come lettura di evasione da alternare a testi più impegnativi (dai quali peraltro traggo un piacere non certamente inferiore a quello che regalano le letture “leggere”, come il cosiddetto young adult, genere nel quale rientra l’opera di John Green & David Levithan).
Sono a pagina 7 e un linguaggio troppo imparentato con lo slang (“Mi piace un casino”) e troppo ordinario per i miei gusti (“Ed è una fig@t@ pazzesca”) mi respinge e, se assecondo l’istinto, son tentato di abbandonare la lettura seduta stante. Ma cerco di sedare l’istinto, ripetendomi che ogni apriorismo si fonda sul pregiudizio.
Sono in treno: nel tempo di una tratta del mio quotidiano viaggio pendolare normalmente leggo (è un’equivalenza!) venti-trenta pagine di Mishima o Kawabata, o quaranta-cinquanta pagine di buona narrativa italiana… o ottanta pagine di “Will ti presento Will”! Non sarà un segnale che la lettura “young adult” mi sta prendendo? E l’espressione “prendendo” in luogo di “appassionando” non sarà un indizio che lo stile della premiata ditta John Green & David Levithan mi contagia? Meglio tener alte le difese: altrimenti, che ne sarà della mia autostima di lettore pseudo-impegnato???
Piano piano mi accorgo che il viaggio in treno sta diventando l’appuntamento compiaciuto e scanzonato con i due Will. In questo romanzo sono davvero poche le frasi memorabili da citare, ne sono convinto: ma la curiosità, la leggerezza della trama e i capitoli alternati del Will dell’Illinois e del Will dell’Ohio (o forse dell’Iowa, non l’ho capito) hanno un potere seduttivo che è complessivo, distensivo, rilassante, a tratti comico. Che sia una specie capricciosa di mantra?
In quattro viaggi (due andata-ritorno) ho terminato il libro ed è già tempo di valutarlo. Se l’affezione è un metro di giudizio e se il dispiacere di chiudere l’ultima pagina è una cartina di tornasole per riprova, allora devo concludere che questo romanzo mi è piaciuto: per la lievità irrealistica con cui descrive l’outing di uno dei Will (”Però è grandioso che Will lo abbia detto a tutti quanti”), per la rappresentazione dell’adolescenza come età della ricerca, per la freschezza dei dialoghi destrutturati (“io: lo sai qual è la cosa schifosa dell’amore? - a.w.g.: quale? - io: che è così legato alla verità”), per l’evidenza cristallina di alcuni pensieri (“Le cose in cui speri di più sono quelle che alla fine ti distruggono”), per la giocosità fru-fru di alcune trovate (“Deve voler dire qualcosa il fatto che un Will Grayson ne incontri un altro in un sexy shop in cui nessuno dei due aveva intenzione di entrare”)…
Morale della favola: anche nella lettura, mai lasciarsi risucchiare dai pregiudizi!
Bruno Elpis
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@ Rollo: purista! Ma come ti capisco... Io talvolta mi lascio travolgere dalle contaminazioni... :-)
Ciao, b
Condividere pareri riguardanti letteratura facile, commerciale (anche trash all'occorrenza!) è sempre piacevole, parlarne con la stessa considerazione e lo stesso rispetto che si riserverebbero a Tolstoj mi sembra segno di coerenza e calamitare i pareri discordi dei lettori davvero impegnati, che solitamente non resistono alla tentazione di dire la loro, è irresistibile!
Ciao!
Ma se lo dici tu... :-)
Sai bene che mi lascio piegare da un piacere del tutto momentaneo, che non incide sulla natura delle cose (che restano tali, per quello che sono e per quello che valgono). :-)
A proposito di quattro mani (hai ragione, in genere nascondono un secondo fine): sto leggendo il duo Gamberale-Gramellini e sto affilando le mie armi spuntate... :-)
Ciao!
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