Dettagli Recensione
Il significato di una sigaretta spenta.
Dopo aver involontariamente ascoltato una conversazione tra madre e figlia quattordicenne, dopo aver constatato che nessuna delle due, come i tanti non lettori che si fanno trasportare dall’uscita del film al cinema, si è minimamente fermata a riflettere su cosa Green voglia trasmettere, su quale sia il significato del romanzo ed essersi documentate su questo, mi sono decisa a dire la mia anche se come opinione può contare quanto un “ago in un pagliaio” visto il fenomeno mediatico che questo romanzo è diventato.
L’universo in cui vivono Hazel Grace e Augustus è un mondo parallelo: è quello della malattia. I due giovani si trovano vuoi per le circostanze, vuoi per necessità a vivere attimi di una vita già precaria insieme. Hazel ha un tumore tiroidale al quarto stadio metastatizzato ai polmoni e Gus un osteosarcoma che lo ha portato a perdere una gamba. Unica certezza? La morte. Il giovane ha una personalità effervescente, carismatica, intelligente e riflessiva; la giovane una mente arguta e realistica; ha chiara l’entità della sua patologia ed è consapevole che la cura a cui è sottoposta non è altro che un espediente per allungarle la vita ma nulla più. Non può guarire. Inutile dire che tra i due il personaggio meglio delineato è Augustus che con una teatrale ironia diventa ambasciatore della malattia, un diciassettenne portavoce indiscusso della vita che ti viene strappata via.
Il romanzo è scritto con un linguaggio semplice; narrato in prima persona e ricco di dialoghi. Questo lo rende adatto a tutte le età; dai più giovani ai più adulti. Green non si risparmia nel trattare il cancro, non lo ovatta, questo non è una cornice alla narrazione bensì una costante; il vero protagonista reso cosciente dall’amore di due giovani accomunati dal medesimo destino di morte. Quando anche solo respirare diventa un compito arduo; quando anche soltanto sedersi è doloroso e difficoltoso possiamo renderci conto di quanto siamo fortunati a stare bene e a conservare la nostra identità. Augustus e Hazel ci insegnano questo: il valore delle piccole cose. La nostra è una società dove mille sono i bisogni; perennemente insoddisfatti anche se in realtà una soddisfazione c’è. Non si fa in tempo a rendersene conto che subito subentra un nuovo desiderio e quasi non si è consapevoli di quello che è appena stato soddisfatto. Hazel e August ci ricordano il piacere della lettura, sono l’emblema dell’andare avanti senza mugugnare su ciò che è stato ieri perché la loro vita è ora; è il presente; il futuro è una incognita ma il passato è passato. I simbolici Hazel e August sono la voce di chi voce non ha, sono gli oratori di chi ogni giorno convive con il male [direttamente o indirettamente (vedi famiglie)]
La parte centro-finale del romanzo si concentra sulla malattia, sulla trasformazione del corpo e dello spirito umano. Come ci spiega August alla fin fine il cancro non vuole altro che quello che tutti vogliamo: vivere, crescere. Non conta se per farlo ha bisogno dell’incubazione nel nostro corpo e della conseguente nostra vita. A mio modesto parere è la parte più riflessiva e viva dell’opera.
Se siete indecisi sul leggerlo o meno; non fatevi influenzare dalla eccessiva mediaticità che questo ha assunto. E’ un libro semplice ma pieno di significati serviti con maestria; è un testo scritto sulla falsariga di Esther Earl fonte indiscussa di ispirazione per Green (che specifica che i fatti narrati sono frutto di genuina immaginazione), le cui similitudini con Hazel Grace sono volutamente tante. Visitate anche il sito tswgo.org dedicato ad Esther, richiede solo 5 minuti del vostro tempo ma ne vale la perdita.
Vi lascio con un incipit:
[..] ha detto lui, sconfortato.«contro che cosa sono in guerra? Col mio cancro. E che cos’è il mio cancro? Il mio cancro sono io. I miei tumori sono fatti di me. Sono fatti di me tanto quanto il mio cervello e il mio cuore. E’ una guerra civile Hazel Grace, con un vincitore predeterminato.» [..] «Se vai al Rijksmuseum, [… ma chi stiamo prendendo in giro? Nessuno di noi due può girare a piedi un intero museo. Comunque sia, prima di partire sono andato sul loro sito a dare un’occhiata alla collezione. Se tu dovessi andare, e si spera che un giorno tu possa farlo, vedresti un sacco di dipinti con gente morta. Vedresti Gesù sulla croce, e vedresti un tipo che viene accoltellato nel collo, e vedresti gente che muore in mare e in battaglia e una parata di martiri. Ma non. Un solo. Bambino. Malato. Di cancro. Nessuno è stato immortalato mentre sta morendo di peste o di morbillo o febbre gialla o che so io, perché non c’è gloria nella malattia. Non c’è alcun senso in essa. Non c’è alcun onore nell’essere morti di.»
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Commenti
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Della serie:
"Ciao" ho detto.
"Ciao" ha detto.
Esagerato lo sfruttamento della parola "tipo".
Cose così..... Mentre in altri casi dimostrava di avere delle qualità letterarie. Quindi, mi chiedo, perché non sfruttarle per tutta l'opera?
Non so se la colpa sia della traduzione o se la versione originale sia veramente così; però l'ho trovato un po' una carenza dinanzi agli argomenti trattati di cui il romanzo è ricco.
Quindi si, tanti argomenti ma non un grande stile.
Grazie ancora Emilio, è sempre un piacere leggere i tuoi commenti :)
Se non ti è piaciuto lo stile forse dovresti provare l'edizione originale in lingua inglese, spesso le traduzioni depauperano il testo originale, specialmente quando vengono arrangiate in breve tempo per poter far uscire il libro in prossimità dell'uscita dell'adattamento cinematografico.
Grazie ancora del graditissimo consiglio :)
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Da quel che ho capito è un libro che ha argomenti ma non un grande stile. Grazie, perché hai espresso una valutazione ponderata, senza inneggiare al capolavoro, solo perché il romanzo è piaciuto.