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Paradisi perduti
Mi piace la parola distopia.
Pronunciarla sollecita in maniera pressoché uguale la lingua e le labbra, provate a dirla da soli. E se siete in compagnia, aspettate quell’attimo di silenzio prima che qualcuno trovi le parole giuste per descrivere l’idea di un mondo dove nessuno vorrebbe vivere.
Mi piace molto meno il suo significato. Distopia è l’anti-utopia, la negazione dell’utopia, del mondo perfetto, quello privo di odio, di violenze, di guerre, il luogo ideale dove tutti possono vivere felicemente. Se utopia è un luogo simile al paradiso, un mondo distopico è un mondo indesiderabile, apocalittico e infernale.
Jonas, ha quasi dodici anni e vive in una società perfettamente organizzata, dove tutti hanno un lavoro. I membri che ne fanno parte sono educati, gentili, non conoscono il dolore e le malattie, gli anziani sono rispettati e accuditi in efficienti e comode case di cura. Le infrazioni alle regole non possono essere più di tre, pena il congedo definitivo dalla comunità.
I bambini sono generati dalle Partorienti e sono divisi per anno, gli Uno, i Due, i Tre,… Gli Uno ricevono il nome e sono affidati ad una unità familiare, gli Otto iniziano a fare volontariato, i Nove ricevono una bicicletta, così possono iniziare a muoversi in autonomia all’interno della comunità. I Dodici, infine, dopo una lunga osservazione da parte degli Anziani, ricevono l’assegnazione dell’incarico che svolgeranno per tutta la vita.
Jonas, il sensibile ed intelligente protagonista di The Giver, tra poco sarà un Dodici e da qualche giorno attende con impazienza e un po’ di preoccupazione la sua designazione.
La letteratura è piena di libri che parlano di mondi distopici, Orwell, Bradbury, fino alla Collins di Hunger Games. Descrivere un mondo distorto è molto più interessante che continuare sulla falsariga dell’utopia di Tommaso Moro, il non posto dove tutti vorremmo andare ma che sappiamo non raggiungeremo mai.
Il mondo di The Giver è un mondo perfetto? E’ il non luogo che stiamo cercando? Le emozioni e i sogni devono essere condivisi ogni giorno tra i familiari, le pulsioni sedate, le diversità azzerate, gli anziani dopo una certa età congedati con una toccante festa di addio.
The Giver è un libro breve, scritto in maniera lineare e scorrevole e per questo dicono che sia adatto per qualunque età. Puoi terminarlo in poche ore, ma io ci ho messo molto di più, perché ogni pagina che giravo mi pesava come un macigno, in bilico tra desiderio di andare avanti e tanta angoscia.
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Commenti
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grazie :)
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