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IL "TEEN BOOK" DIVENTA UN DRAMMA PSICOLOGICO
Penso dica tutto il titolo. Il terzo libro della saga degli Hunger Games trasforma le emozioni, addirittura lo stile, e ne esce non più come un libro per ragazzi, quanto un vero dramma che si annida nei meandri della mente umana. La protagonista, Katniss, vaga continuamente tra stati di coscienza e stati di incoscienza, è ferita, dolorante e disperata. Arriva a non avere più nemmeno le lacrime per piangere i mori, intrappolata com'è in un reticolo di avvenimenti strazianti. Ed è questo a rendere il finale leggermente (ma giusto un filo) insipido. Perchè da una saga simile ci si aspetta IL lieto fine, non UN lieto fine. Bello, ben congegnato, neanche troppo affrettato come alcuni accusano. Solo l'inizio lascia l'amaro in bocca, almeno per me, deluso com'ero dal mega-riassuntone in 8 righe di sorprese clamorose alla fine della "Ragazza di Fuoco". Insomma, non è più Hunger Games, che si può prendere un po' più a cuor leggero: questo è un libro che ti fa star male, ma alla fine ne esci felice: sarà per la perfetta tecnica dell'io narrante, che ti fa sentire perfettamente quando le emozioni di Katniss, specialmente quando intrappolata (mantra del libro, tra l'altro). Consigliatissimo.
DA QUI: SPOILER
Se la Collins può essere incolpata di aver tralasciato e non fatto piacere determinati personaggi (Gale su tutti), i due capolavori sono altri: Finnick e Prim.
Il primo, presentatosi nel secondo libro come uomo subdolo (almeno per le prime pagine), assume rapidamente le sembianze di un uomo distrutto, disperato che è impossibile non adorare. Uno schiavo del sesso di Panem, innamorato di una pazza, gentile ma caparbio. La sua morte può sembrare sorvolata, ma conferisce al personaggio una dignità che ha pochi uguali. "Molto più giù, riesco appena a distinguere Finnick che si sforza di resistere mentre tre ibridi lo dilaniano". L'espressione chiave è "si sforza di resistere". Finnick appare talmente superiore, quasi ultraterreno, da dare l'impressione, almeno a parole, di effettuare il tutto come se fosse una cosa di poco conto, quasi condiscendente con gli ibridi che lo azzannano.
La seconda è, ovviamente, Prim. Nei primi due libri il suo ruolo è assolutamente marginale: provoca quasi fastidio la sua presenza, come quella di una bambinetta imbranata solo fastidiosa, infantile. Ma nel terzo libro, tutto cambia. Diventa una donna, matura per di più, saggia e coraggiosa. La sua morte è tragica e inaspettata, e per questo ti colpisce come un macigno, per di più a causa dell'espediente della Collins, che nelle pagine successive non chiarisce il dubbio: "E' sopravvissuta?", lasciandotelo scoprire nel modo più doloroso. Ma il punto focale è che avesse neanche 13 anni l'ho "riscoperto" appena nelle ultime pagine, quando è Katniss a pensarlo. La sua maturità era divenuta tale da pensarla, come minimo, come una 16enne.