Dettagli Recensione
Insomma...
ATTENZIONE SPOILERS.
Premettendo che amo profondamente la saga della Collins e la sua Katniss -cosa bizzarra per me in quanto, solitamente, preferisco sempre personaggi secondari o addirittura minori-, mi sento di affermare che se avessi dovuto giudicare la trilogia sulla base dell'ultimo libro, Il Canto della Rivolta, sarei giunta alla conclusione che la saga faccia pietà e compassione.
Ma andiamo per ordine.
Il Canto della Rivolta (in lingua originale “Mockingjay”) è il terzo ed ultimo capitolo della saga distopica di Hunger Games, scritta dalla statunitense Suzanne Collins.
È il momento in cui, dopo aver affrontato ben due edizioni dei Giochi a soli quindici e sedici anni, Katniss guida finalmente la rivolta dei Distretti di Panem contro Capitol City, partendo in particolare dal fino ad allora creduto distrutto Distretto 13.
Il lettore si aspetterebbe un bel tomo di dimensioni importanti alla pari de I Doni della Morte della Rowling, in quanto certamente non è il materiale che manca all'autrice per concludere la trilogia a mo' di fuochi d'artificio.
In realtà il libro è di “sole” quattrocento pagine e la Collins dimostra di meritare appieno il quinto Girone dell'Inferno dantesco e di finire insieme agli accidiosi. Infatti, il peccato commesso dall'autrice in questo ultimo libro, è quello della pigrizia.
Alla fine del secondo capitolo, La Ragazza di Fuoco (in inglese “Catching Fire”), ci viene proposta tutta una serie di input, tra nuovi personaggi e rivelazioni, tale da spingere il lettore a fiondarsi sull'ultimo volume colmo di aspettative.
Ciò che, invece, ci si trova davanti è una narrazione macchinosa di eventi alquanto confusi a partire dalla descrizione di una Katniss mentalmente instabile, costretta a ripetere a se stessa chi sia, quanti anni abbia etc., fino ad arrivare alla Rivolta vera e propria che, a parer mio, è stata ridotta alla corsa dei Ribelli attraverso Capitol condita con un po' di morti qua e là e ad una freccia conficcata nel petto della presidente del Distretto 13, la Coin.
Tutto molto confuso.
Lo stile è certamente accattivante, anzi se non fosse stato per quello, che comunque sprona il lettore ad andare avanti a fiato sospeso, il libro sarebbe stato un po' un flop.
Infatti, là dove non arriva la materia, per grande fortuna della Collins, arriva la forma, quindi non si può affermare che Mockingjay non sia piacevole da leggere.
Tuttavia, il puzzo di “accozzaglia” di materiale si avverte anche sotto il velo di seta profumato: ci si aspetta che la protagonista, Katniss Everdeen, partecipi attivamente alla Rivolta, mentre per una buona prima parte della narrazione assistiamo ad una ragazzina che si va nascondendo negli armadietti in preda a crisi nervose, per la seconda parte è invece più che altro una “ragazza-immagine”, sebbene si avverta il desiderio da parte di lei di fare qualcosa in più.
Il punto è che il “qualcosa in più” non c'è e quei pochi spunti non sono sviluppati, ma rimangono sospesi in aria come palloncini gonfi d'elio.
Viene lasciato troppo spazio a descrizioni accurate delle armi super tecnologiche utilizzate dai Ribelli, alla loro corsa attraverso Capitol fino alla residenza del presidente Snow e troppo poco è invece riservato alla spiegazione di eventi realmente importanti, prime su tutti le varie morti nel corso della narrazione.
Questo mi conduce spedita al discorso sui personaggi.
L'impressione che ho avuto è che la Collins volesse dimostrare come la guerra riesca a mutare le persone, presentando così dei personaggi più “adulti” in un certo senso: missione fallita.
Secondo il mio modestissimo parere, non si può delineare una ragazza di quindici anni come tosta e coraggiosa nei primi due libri e poi trasformarla in un coniglietto spaventato e instabile nel terzo. Non si può, non è credibile, nella vita reale non accadrebbe.
Molto più sensata è, al contrario, la trasformazione che vive Peeta successivamente alle torture inflittegli dalla Capitale.
Una parentesi a parte è necessaria, invece, per Gale. Gale che sin dall'inizio sappiamo essere l'amico d'infanzia di Katniss si trasforma in una macchina da guerra. Istinti repressi che salgono improvvisamente alla luce oppure ci siamo sbagliati nel giudicarlo sin dall'inizio? Nessuna delle due opzioni. Anche in questo caso ho avuto l'impressione che l'autrice volesse modificarne l'indole “in corner”, ma ciò che ha ottenuto non è una personalità sfaccettata -sempre secondo il mio modestissimo parere- quanto piuttosto un ragazzo insopportabile che la maggior parte dei lettori odierà per aver creato le bombe che uccideranno la sorellina di Kat, Primrose.
Sinceramente, si tratta di un personaggio, insieme a quello di Prim (mai sopportata, ma questo dipende piuttosto dai miei gusti personali) che non mi ha lasciato nulla né a livello affettivo né a livello morale.
Per quanto riguarda invece gli altri personaggi, quelli meglio caratterizzati, secondo me, sono Haymitch Abernathy, Johanna Mason e Finnick Odair. Tuttavia, per quanto mi sia disperata alla morte di quest'ultimo, non mi è piaciuto il modo in cui si è cercato di liquidarlo, un po' come non digerirò mai i miseri due minuti dedicati nel film “Harry Potter e l'Ordine della Fenice” alla morte di Sirius Black.
Cara Collins, che ci hai raccontato il suo passato, cosa ha attraversato, la relazione complessa con Annie Cresta e ce lo vuoi far fuori (non) mi sta anche bene, ma almeno onoralo di una fine dignitosa e non sbranato (sbranato? Non si sa esattamente, piuttosto lo supponiamo) da lucertoloni ibridi.
Altri personaggi muoiono poi nel corso della narrazione, ma sinceramente, a parte Prim, sono tutti poco degni di nota nel senso che il lettore non è teso mai ad affezionarvisi e quindi la loro scomparsa rimane nell'indifferenza.
I colpi di scena, ovviamente, sono molti, ma quello che ho apprezzato di più, in quanto mi è sembrato essere il più “ragionato”, è la decisione di Katniss di far fuori la Coin al posto di Snow.
Sempre frettoloso ho trovato invece l'epilogo.
Mi sono trovata d'accordo con la Collins nel presentare un finale che non fosse allegro e spensierato, bensì uno realistico. Tuttavia, ho trovato il tutto un po' scontato e confuso: era evidente sin dall'inizio che Katniss e Peeta si sarebbero sposati, ma m'avrebbe fatto molto piacere sapere che cosa ha fatto cambiare idea alla protagonista riguardo il concepire dei figli. Infatti nel primo libro e addirittura prima della Mietitura, Katniss confida a Gale di non volerne.
Ennesimo palloncino gonfio d'elio sospeso in aria, insomma.
Inoltre, la fretta della Collins nel voler concludere è evidente anche nel non aver dato un nome ai due figli di Katniss e Peeta, cosa che sinceramente trovo parecchio ridicola.
In conclusione, affermerei che, per quest'ultimo capitolo della saga, la Collins aveva a disposizione 100, ma ha sfruttato solo 50 in maniera frettolosa e sbadata.
A parer mio, c'era materiale sufficiente per ben due libri finali e il tutto si sarebbe concluso in maniera spettacolare se l'autrice avesse saputo porre attenzione sui punti della narrazione che realmente meritavano, piuttosto che su altri che avrebbero anche potuto non essere approfonditi e nessuno l'avrebbe notato.
La saga nel complesso è molto meritevole, ma ribadisco che si tratta di un merito attribuitogli in particolare per i primi due libri, in quanto se il tutto si fosse ridotto al terzo sarebbe stato un flop.
Il merito dell'autrice è stato comunque quello di creare una protagonista ben caratterizzata e che senza esagerare potrebbe benissimo rientrare nel decalogo delle eroine letterarie moderne. Si badi che non si tratta di un personaggio adorabile a 360 gradi, ma è proprio questo che lo rende straordinariamente polifacetico.
Consiglio la lettura della saga agli appassionati di letteratura distopica e a coloro che desiderano immergersi in una narrazione serrata e colma di suspance e che non si lasciano impressionare dal fatto che si tratta di più di un libro da seguire.
La consiglio, inoltre, a chi vuole respirare attraverso le pagine un po' di spirito guerrigliero e a chi non si lascia impressionare facilmente.