Dettagli Recensione
I giochi della fame.
"Vincere significa fama e ricchezza. Perdere significa morte certa. Ma per vincere bisogna scegliere tra sopravvivenza e amore, egoismo e amicizia. Quanto sei disposto a perdere? Che gli Hunger Games abbiano inizio."
Con questa premessa ben inciso sul retro della copertina, l'autrice Suzanne Collins presenta il primo capitolo della trilogia Hunger Games, ovvero i cosiddetti "giochi della fame".
Il romanzo è ambientato in un futuro non identificato in una nazione nota come Panem nel bel mezzo del nord America post apocalittico. Come punizione per una precedente rivoluzione dei cittadini, ogni anno in questa nazione viene organizzato dal governo il reality show mortale chiamato Hunger Games composto tramite una selezione casuale da persone di età tra i dodici e i diciotto anni. L'obiettivo di questi giochi della fame è vincere, e solo uno può riuscirci uccidendo gli avversari, nutrendosi poi dei viveri in questa gigante arena dove viene svolto lo show.
Per quanto sia folle, per quanto sia alienante, per quanto sia surreale, sono d'accordo con Licia Troisi nel constatare che questa è "un'ambientazione cruda e terribilmente plausibile". Terribilmente plausibile. Già, terribilmente plausibile. In un futuro non tanto lontano penso che questa cosa potrebbe succedere, ma per ora occupiamoci del presente. Il governo di Panem, ha creato questo evento annuale per diffondere sfiducia e disgregazione in modo che gli abitanti non siano in grado di allearsi e ribellarsi ad ogni ingiustizia che viene posta a loro. Questo secondo me la dice lunga sui giorni nostri.
Questo romanzo con l'ottimo pretesto della trama affascinante e originale, ha creato un contenuto profondo che si cela dietro le righe. Questo romanzo incita a svegliarci, a non farci fottere il cervello da queste macchine che chiamano "televisioni" solo per controllare i nostri pensieri, le nostre emozioni, la nostra vita!
Per quanto questo libro venga spacciato come "una lettura per ragazzi", non me la sento di consigliarlo magari a un bambino di dieci anni perché temo rimanga impressionato e non capisca i meccanismi di queste tematiche che bisognerebbe parlarne più spesso. Ma per il resto è consigliatissimo.