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Una qualità alla quale non ci sia abitua mai
Terminato 'Harry Potter e il calice di fuoco', pensavo che la qualità narrativa del Torneo TreMaghi fosse irraggiungibile. Ebbene, mi sbagliavo: per certi versi, questo capitolo è oggettivamente migliore del precedente.
L'inizio non poteva essere più originale con Dudley "protagonista a sorpresa", e la trama si delinea chiaramente sin dalle prime battute: sarà una guerra aspra e difficile tra l'Ordine della Fenice e il Ministero della Magia. E l'Ufficio Misteri e la Stanza delle Necessità diventano scenografie di primo piano nelle quali si susseguono i colpi di scena, con la Rowling che non scende mai di livello sia per stile che per lessico.
E' tutto dannatamente perfetto, a partire da Dolores Umbridge, probabilmente il personaggio letterario più meschino che abbia mai incontrato nelle mie letture, fino agli intrighi più o meno amorosi che si intrecciano con le vite di Harry, Ron e Hermione.
Assolutamente avvincente la battaglia conclusiva, anche se alcuni passaggi descrittivi risultano un po' confusionari e non si ha una percezione immediata di tutto quello che sta avvenendo.
Ne deriva un finale che definire "agrodolce" è eufemistico, ma la frase 'Nessuno dei due può vivere se l'altro sopravvive' e il titolo dell'ultimo capitolo lasciano aperta la porta a un seguito tutt'altro che scontato, monotono e prevedibile.